SPECIALE DAVID FINCHER
L’antipasto
Certo, lo stile si coltiva e si conferma con l’esperienza, è frutto del talento e da esso è definito, ma David Fincher, con il suo esordio nel lungometraggio, impose fin da subito il suo. Alien 3 è fincheriano, solido e rivoluzionario.
Sarebbe indelicato e inutile paragonare il film di Fincher ai capitoli precedenti della saga: Alien 3 è un prodotto a sé stante, che non cerca di emulare o proseguire una certa estetica, è un piccolo caso nella storia dei sequel. Fotografia ombrosa e sporca, storia lineare e “semplice”, più vicino all’horror che alla fantascienza, un esordio che è figlio della disarmonia filmica anni ’90. Fincher abbandona il militarismo di Cameron a favore di una squadra più vicina ai videogame, sia per gli scenari in cui agisce che per i caratteri dei singoli. Azioni meno dinamiche e violente sul piano pratico, ma che spaventano di più e si avvalgono dell’uso della colonna sonora. Una camera a mano che fa immedesimare lo spettatore attraverso soggettive e l’illusione del movimento reale, soprattutto per quanto riguarda le mosse aliene. Quindi, al tempo sembrava quasi una dichiarazione di intenti nel voler “ripensare” la saga, cosa che poi non avvenne. Come ci dimostrerà in seguito, il nostro infila in Alien 3 alcune costanti del suo cinema: l’indagine, la rivalsa dell’uomo comune, la scoperta del terrore quotidiano. La morte arriva e lo scopo è cercare di fermarla, attraverso un pedinamento del mostro fatto di errori, abbagli e vittime, come in Seven e Zodiac; Ripley è consapevole di ciò, e la sua forza sta nel fatto che è intoccabile, perché porta il male dentro di sé. È una semplice astronauta che ha dovuto, e lo fa ancora, lottare contro qualcosa più grande di lei per potersi affermare e difendere: Fight Club, Panic Room e The Social Network. L’alieno si palesa per scardinare la vita ordinaria dei protagonisti lentamente e in modo calcolato, come le vite turbate in The Game, Millennium e Gone Girl. L’eroina è torturata da tutti, sia psicologicamente che fisicamente, ma, come sempre, riesce a rialzarsi. Fincher tratta la materia fantascientifica in modo realista, capita di rado che lo spettatore si trovi a sospendere il giudizio di verosimiglianza, e pone al centro questioni etiche quali la gravidanza “indesiderata”. Ripley porta in grembo il mostro, lo detesta in quanto tale, ma ha il coraggio di farlo nascere e, soprattutto, di farlo morire. Una lucidità che mette i brividi e che spesso si ritrova nelle azioni “radicali” dei personaggi di Fincher. Ed è in questo che sta la grandezza del regista statunitense: cinema amaro, sofferto ma obbiettivo.
Alien 3 [id., USA 1992] REGIA David Fincher.
CAST Sigourney Weaver, Charles S. Dutton, Charles Dance, Paul McGann, Brian Glover.
SCENEGGIATURA David Giler, Walter Hill, Larry Ferguson. FOTOGRAFIA Alex Thomson. MUSICHE Elliot Goldenthal.
Fantascienza, durata 114 minuti.