SPECIALE DAVID FINCHER
Sciarada!
Alfiere della cultura pop dei primi anni ’90, David Fincher ci ha condotto dagli anfratti angusti di pericolose colonie penali disperse nello spazio ai foschi scenari di Seven, per poi abbrutirci col nichilismo onirico di Fight Club. Dopo aver riassunto toni e stilemi del suo cinema vorticoso e sfrontato in The Game e Panic Room, nel 2007 si rivolge al thriller psicologico, scritturando un cast formidabile e gettando ombre minacciose sulla società americana.
Una lettura superficiale farebbe apparire Zodiac semplicemente come un riuscito poliziesco tradizionale, rigoroso nella forma e denso nei contenuti; scavando tra le inquietudini del film, invece, si scoprono sottotracce politiche che fanno pensare al cinema seventies – non è un caso il riferimento a Dirty Harry – o al filone thriller complottista riportato da poco in auge da Ben Affleck con Argo. Casuale è di certo l’uscita parallela di Non è un paese per vecchi, in cui anche Joel ed Ethan Coen raccontano la storia di un omicida, adombrando in realtà storie liminali e folli di varia umanità di confine. In Zodiac, rispetto alla grandguignolesca iperbole dei fratelli di “sangue facile”, il ritmo è più compassato, la tensione è costruita attraverso un graduale e didascalico intreccio di prove, indizi e piste arzigogolate. Le zone di caccia entro cui agisce l’assassino vanno dalla periferia – Vallejo – al centro – San Francisco, toccando Napa e Modesto. Il serial killer, in arte Zodiac, sfida il San Francisco Chronicle, altre testate locali e poi la polizia, rivendicando gli omicidi compiuti a partire dal ’69 e ingaggiando una sfida mortale con un ostinato detective (Mark Ruffalo), il cui posto viene preso dall’insospettabile vignettista Robert Graysmith (Jake Gyllenhaal), deciso a risolvere l’intricato caso-enigma. Nell’era della gogna mediatica a stelle e strisce, degli scandali via cavo e al napalm, Zodiac rappresenta il canto del cigno di un’America vilipesa in cui le speranze di pacificazione si infrangono contro il moltiplicarsi di killer seriali. La sciarada mortifera orchestrata magistralmente da Fincher, si apre, in tale mood cronachistico, ad una dimensione corale a più voci riverberata nella fredda e crepuscolare fotografia di Savides. Ispirato dai libri-inchiesta di Robert Graysmith, il labirintico film ritrae il male quotidiano, quasi harendtiano, incarnato in un criminale che agisce sullo sfondo, mentre, al centro della narrazione macchinosa e anarchica, risalta l’inquietudine di personaggi che lottano contro ossessioni condivise in tempo di guerre di propaganda. Fincher, nel dipingere crepuscoli metropolitani affogati in fiumi di parole, indovinelli e piste fallaci, crea, dopo il parossismo dei primi film, una variazione cupa e machiavellica, di una poetica del reale intimista e claustrofobica, filosofica e spregiudicata.
Zodiac [id., USA 2007] REGIA David Fincher.
CAST Jake Gyllenhaal, Mark Ruffalo, Robert Downey Jr., Anthony Edwards, Brian Cox.
SCENEGGIATURA James Vanderbilt. FOTOGRAFIA Harris Savides. MUSICHE David Shire.
Thriller, durata 158 minuti.