L’oggettività ritrovata
Partiamo da una constatazione non banale: Zero Dark Thirty, nono film della regista americana Kathryn Bigelow, parla delle operazioni che portarono all’uccisione di Osama Bin Laden. Sembra un (ri)assunto scontato ma nel panorama del cinema contemporaneo, dall’America alla nostra Italia, sempre più raramente si assiste ad opere che ammettono candidamente e sfacciatamente di parlare di qualcosa o di qualcuno.
Bella addormentata non è un film su Eluana Englaro, ma sulla rappresentazione mediatica del caso e del dolore di alcune persone che ruotavano attorno alla sua figura; The Master non è un film su Ron Hubbard o su Scientology ma sulla ricerca di un maestro che dia un senso alle nostre vite attraverso la forma ma non il contenuto (e in questo senso la guerra è una grande maestra); Lincoln non crea un ponte di collegamento con la presidenza di Obama, anzi nessuno degli attori si è mai posto la domanda che potesse farlo. Zero Dark Thirty parla di Osama Bin Laden, della sua morte, dell’irruzione nella fortezza di Abbottabad, dei suoi stretti collaboratori, degli agenti della CIA morti durante gli attentati e degli agenti vissuti abbastanza per poter esultare o piangere (sempre di gioia), nel momento della sua cattura. Questa ricerca del dato oggettivo ha il suo corrispettivo visivo nell’uso della camera a mano e di quelle soggettive che la Bigelow aveva già dimostrato di saper ben padroneggiare nel precedente The Hurt Locker, dove anche il carro armato era elevato a rango di sorgente della visione. La sequenza finale, girata in soggettiva “verde” (a causa dei dispositivi per la visione notturna) dal punto di vista dei militari, è l’apice di questa oggettività che la Bigelow può plasmare drammaticamente in suspense perché mai nel film si ha l’impressione di star assistendo ad una finzione. Certo i protagonisti avranno nomi di comodo (ma questo fa parte del segreto militare, come ci ha insegnato Argo), non ci interessa per immedesimarci nella loro vita, perché una volta nominato lui, Osama, lo spauracchio dell’Occidente degli anni Duemila, tutto il resto tace e anche noi, che conosciamo bene la storia, restiamo sospesi davanti alla diretta della sua cattura. Kathryn Bigelow punta dritto al bersaglio con una regia che ha i ritmi della serialità e l’impianto del documentario, o meglio del “making of”, e ne esce vincitrice assoluta, a dimostrazione che è possibile parlare di qualcuno nominandolo.
Zero Dark Thirty [id., USA 2012] REGIA Kathryn Bigelow.
CAST Jessica Chastain, Jason Clarke, Kyle Chandler, Mark Strong.
SCENEGGIATURA Mark Boal. FOTOGRAFIA Greig Fraser. MUSICHE Alexandre Desplat.
Thriller/Storico, durata 157 minuti.