Fuor di retorica, fuor di schermo
Terminati i fasti di un periodo storico in cui la pax clintoniana si autolegittimava in prodotti mainstream spesso rassicuranti o comunque di facile consenso, e passato un decennio scandito da eventi catastrofici (l’11 settembre) e da due guerre, il cinema politico americano pare oggi caratterizzato da un punto di svolta. Con prodotti come Le idi di marzo, J. Edgar, Argo, La regola del silenzio, il “fuor di retorica” pare il punto di partenza necessario poiché tale cinema si autorifletta.
Analitico come pochi, Lincoln si accoda a un pragmatismo strutturale, mettendo, letteralmente, in luce quelli che sono i necessari giochi di potere perché una nazione si regga. Che lo faccia Spielberg e che lavori su un soggetto tanto coriaceo (tratto dal libro di Doris Kearns Goodwin, Team of Rivals: The Political Genius of Abraham Lincoln) può stupire. Parecchio parlato (non a caso scritto da uno sceneggiatore, Tony Kushner, che è prima di tutto un drammaturgo), Lincoln lavora principalmente sulla decostruzione di quello che è uno dei capisaldi della democrazia statunitense: la legge sull’abolizione della schiavitù. Abramo Lincoln, per la maggior parte del film, è un mito dietro le quinte. Nascosto da una penombra che non permette intrusioni, Daniel Day-Lewis interpreta un uomo affannato, dalla voce sommessa, occupato ad acquistare i voti necessari, soprattutto ad avversari politici, per far sì che l’emendamento passi. Un emendamento che, è risaputo, poco c’entrava con autentiche battaglie per i diritti civili. Realizzando, forse, il suo film più interessante, Spielberg pare chiudere i conti con la retorica confortante del suo cinema passato, senza tuttavia rimpiangere nulla. Se, infatti, il fine giustifica i mezzi, che importa, sembra dirci Lincoln, se non è stata la buona fede a liberare gli schiavi? L’importante è che la legge sia passata. Con la scelta di lasciare nel fuori campo la scena-madre nazionale dell’assassinio del presidente, l’opera termina di mostrare il lato B dell’icona pubblica, e può finalmente permettersi tutta la retorica del caso. Abramo Lincoln, finalmente ammantato di luce, riesce alla fine a mostrarsi in tutto l’ardore celebrativo, concludendo un film che è, in una volta sola, intelligente riflessione metacinematografica e tentativo riuscito di ricostruire la decostruzione.
Lincoln [id., USA/India 2012], REGIA Steven Spielberg.
CAST Daniel Day-Lewis, Sally Field, Joseh Gordon-Levitt, Tommy Lee Jones.
SCENEGGIATURA Tony Kushner. FOTOGRAFIA Janusz Kaminski. MUSICHE John Williams.
Biografico/Storico/Drammatico, durata 150 minuti.