And the Oscar goes to…
Lincoln è un film a due facce. Sorprendente da una parte, prevedibile dall’altra. Sorprendente perché non può che stupire, da un regista “artigiano delle emozioni” come Spielberg, un’opera che privilegia, per la prima volta nella sua carriera, il parlato al visivo, la parola all’immagine.
Scopriamo quindi uno Spielberg quasi intimista che rinuncia a grandi scene di massa preferendo concentrarsi sugli spazi angusti delle stanze del potere, che antepone a panoramiche, dolly, carrellate, l’uso dei primi piani, e allo scorrere frenetico d’immagini ed emozioni, un ritmo più lento, ad assecondare il gioco attoriale del mimetico Daniel Day-Lewis. Sorprende confrontarsi con uno Spielberg che non teme di risultare noioso, verboso, prolisso, e che per una volta sembra lontano dal preoccuparsi di accontentare il suo pubblico assecondandone le aspettative. Più che fare luce sulla vita di Lincoln, a Spielberg interessa approfondire il rapporto del 16° Presidente degli Sati Uniti con il potere politico, sul modo in cui lo esercitava, sulle ragioni del suo particolare ascendente. Lincoln è un film sulla politica, che si guarda bene dal mostrare sotto una lente idealizzata o edulcorata: tutto è ambiguo calcolo, compromesso, scambio. La rivoluzionaria decisione di abolire la schiavitù fu ottenuta grazie alla corruzione di senatori democratici, alla quale partecipò in prima persona lo stesso Lincoln, in una sorta di “saggio” di realpolitik. Il film risulta invece decisamente più prevedibile nel caratterizzare i personaggi secondari, specialmente moglie e primogenito del Presidente, e si conferma un prodotto molto ben confezionato ma dotato in assoluto di “poca anima”. Se infatti, come già scritto, lo stile sorprende, non così la narrazione, in cui abbiamo un continuo meccanico alternarsi di dialoghi ora leggeri, ora enfatici, ora drammatici. Secondo i perfetti crismi del prodotto hollywoodiano attento nel mantenersi sempre equidistante da qualunque estremo emotivo, conscio che a ogni potenziale sorriso debba possibilmente corrispondere una lacrima; a ogni momento di realistico disincanto, un po’ di enfasi retorica con bandiera a stelle e strisce in sovrimpressione. Tarantino e Thomas Anderson sono lontani, ma per vincere “l’agognato” Oscar bisognerà fare i conti con il vecchio Steven (con buona pace del volenteroso Ben Affleck e del suo Argo). La sensazione è che il Cinema abiti ormai da un’altra parte, e che tutto scorra in una direzione rassicurante e prevedibile, gradevole, ma poco interessante.
Lincoln [id., USA/India 2012], REGIA Steven Spielberg.
CAST Daniel Day-Lewis, Sally Field, Joseh Gordon-Levitt, Tommy Lee Jones.
SCENEGGIATURA Tony Kushner. FOTOGRAFIA Janusz Kaminski. MUSICHE John Williams.
Biografico/Storico/Drammatico, durata 150 minuti.