SPECIALE 70a MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA
La vita, l’universo e tutto quanto
“La vita nello spazio è impossibile”, ci comunica una dotta didascalia, “la temperatura può raggiungere i meno 100 gradi e non esistono le condizioni necessarie per la sopravvivenza dell’essere umano”. Poi un lungo piano sequenza – il primo di una serie di long take fluidi che costruiscono di fatto la storia – che dall’universale ci porta al particolare di due astronauti sospesi nel nulla, alle prese con la riparazione di una stazione orbitante.
Un’operazione di routine sia per la dottoressa Ryan Stone, ingegnere biomedico alla prima missione, che per Matt Kowalsky, esperto e pronto al pensionamento. La vita nell’era spaziale non è niente male, insomma. Almeno fino a quando un incidente avvenuto a centinaia di chilometri di distanza non provoca il disastro: i detriti viaggiano ad una velocità spaventosa, entrano nell’orbita dello shuttle americano e scatta l’allarme. Per capirlo sarebbe bastato anche solo il trailer da apnea totale che da qualche mese ci incuriosisce e ci spaventa: Gravity è una delle esperienze immersive più potenti e mozzafiato degli ultimi anni. Un distillato di sense of wonder da capogiro, un’esperienza che sbatte lo spettatore nel nulla del cosmo e lo priva di qualunque punto di riferimento, sia visivo che narrativo. Un po’ come per la celeberrima scena del treno con la quale i Lumière terrorizzarono un’impreparata platea all’alba della Storia del Cinema, anche per il pubblico munito di occhialoni 3d è tutto nuovo, tutto inatteso. Dopo la prima clamorosa catastrofe, non abbiamo la più pallida idea di cosa accadrà al duo, alla totale deriva. Gravity è cinema dell’attrazione visiva, ma sarebbe ingiusto confinarlo entro questi limiti. Nella scrittura dei due Cuarón (Jonas non è il fratello ma il figlio dell’autore messicano) c’è un messaggio di stampo umanistico che gioca di continuo col mainstream concedendosi poche e trascurabili concessioni alla retorica (il sottotesto familiare, ad esempio). Negli occhi e nelle notevoli performance di Sandra Bullock e George Clooney c’è tutto ciò di cui abbiamo bisogno, e soprattutto l’elemento per cui forse il film verrà ricordato oltre all’eccellenza del comparto tecnico: il realismo, la totale aderenza ad un’assurda idea di verosimiglianza che non lascia scampo. Semplicemente e altrettanto inesorabilmente noi siamo George e (a maggior ragione) siamo Sandra, le nostre tute spaziali sono le poltroncine di velluto a cui stiamo aggrappati e lo schermo è il nostro universo. Ci vuole coraggio per sopravvivere nonostante le avversità e nonostante noi stessi. Lo stesso coraggio di chi ha creduto in un progetto di questa portata; e anche quello di chi ha deciso che Gravity potesse essere il film di apertura della 70a Mostra del Cinema di Venezia.
Gravity [id., USA/Gran Bretagna 2013] REGIA Alfonso Cuarón.
CAST Sandra Bullock, George Clooney, Ed Harris.
SCENEGGIATURA Alfonso e Jonas Cuarón. FOTOGRAFIA Emmanuel Lubezki, Michael Seresin. MUSICHE Steven Price.
Fantascienza/Thriller, durata 90 minuti.