Nella città l’inferno
Guardare Diaz è riconoscere nuovamente il merito di ACAB, l’importantissimo esordio cinematografico di Stefano Sollima.
A distanza di mesi, esso ci consente di leggere il lavoro di Daniele Vicari alla luce di un contesto più ampio e più equilibrato, quadro che manca nel film premiato al Festival Berlino 2012. Questo perchè Diaz – tre anni di progetto, diecimila le pagine di atti processuali consultate dal regista – si concentra sulla sera del 21 luglio 2001, la tragica notte dell’irruzione nella scuola Diaz e della Caserma di Bolzaneto, con frammentarie incursioni nelle due giornate precedenti, il 19 e il 20 luglio 2001, giorno in cui in piazza Alimonda muore Carlo Giuliani.
Schegge di verità che Vicari ricompone e assembla da punti di vista diversi, a volte quello degli agenti di polizia, a volte quello dei giovani manifestanti, ma che si limitano ad una precisa riproposizione di quei fatti, lasciandoci un po’ delusi sotto il profilo dell’elaborazione narrativa. Trasposta sullo schermo, la violenza con cui la polizia si scagliò allora sui civili è ancora oggi sconvolgente, per cui l’impatto emotivo del fim risulta altissimo. Le brutalità perpetrate dai circa duecento poliziotti, riprese dalle migliaia di videocamere professionali e amatoriali presenti, l’inferno di quei giorni a Genova, restano una pagina di indiscutibile vergogna per il nostro paese. Circostanze che non permettono giustificazioni di sorta, che suscitano rabbia e sgomento. Perchè tutto il mondo ha visto la gratuità dell’accanimento, la totale assenza di legalità e di ogni garanzia costituzionale.
Ma al di là dell’indignazione del momento, quello che è vero su Genova, è che abbiamo, ancora oggi, bisogno di fare chiarezza sui fatti di quei giorni, soprattutto dal punto di vista della ricerca dei significati. E Diaz, da questa prospettiva, rappresenta un’occasione mancata. Anche il cast (Claudio Santamaria, Alessandro Roja, Elio Germano, Jennifer Ulrich, Davide Iacopini, Fabrizio Rongione, Renato Scarpa, Mattia Sbragia e molti altri) resta schiacciato dalla ricostruzione dell’evento rappresentato, non riuscendo ad incidere pienamente e in maniera significativa.
Il film di Vicari è un film importante, da non perdere. Perchè, come ricorda Benedetta Tobagi ( La Repubblica,02 aprile 2012) nel suo appassionato articolo in difesa del film di Giordana Romanzo di una Strage, guardare il male in faccia è la “premessa per fare diversamente, tenendo in vita le motivazioni e il “senso” della resistenza”.
Ed oggi più di ieri – anche alla luce dell’incapacità della Giustizia italiana di svolgere fino in fondo il proprio compito – per sedimentare nella memoria collettiva la conoscenza e il ricordo dei fatti di Genova, abbiamo bisogno di ragionare ed elaborare, dopo tanta sofferenza. Perchè un giorno si possa dire che tutto questo dolore non è stato inutile.