Un autore in cerca dei personaggi
Sicilia 1920. Luigi Pirandello torna sull’isola per il compleanno di Giovanni Verga. Qui scopre che la vecchia balia Maria Stella è appena scomparsa e decide di organizzare il funerale nella natia Girgenti, affidandosi a due impresari di pompe funebri del luogo, Sebastiano e Onofrio, che non lo conoscono. L’incontro sarà la genesi di Sei personaggi in cerca d’autore.
Come nasce un’opera letteraria? Quando scatta la scintilla? Qual è il momento in cui la realtà deraglia nell’immaginazione? Uno dei registi più preziosi del nostro cinema, Roberto Andò, figlio del teatro, si pone queste domande applicandole al classico più ostico e vertiginoso di Luigi Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore.
È un Pirandello già maturo quello interpretato da Toni Servillo, sono lontani i successi e gli onori de Il fu Mattia Pascal, lo scrittore siciliano si trova in crisi d’ispirazione. Ed è assediato dagli spettri: i suoi stessi personaggi, usciti dalla pagina sotto forma di visioni, cercano l’autore e lui concede udienza, vi dialoga ogni giorno. Ma il fantasma più spaventoso resta la pagina bianca. Tornato in Sicilia, alla terra madre, il romanziere arriverà a sbloccarsi dopo l’incontro, scontro e confronto con le figure che trova sul territorio. Qui sta il primo punto forte de La stranezza, che non è il biopic di Luigi Pirandello ma sceglie una prospettiva inedita e peculiare, quella di due personaggi inventati, che non risultano nelle cronache, in grado di sabotare la consueta struttura del film sull’artista. Sono Bastiano e Nofrio, rispettivamente incarnati da Salvatore Ficarra e Valentino Picone, che sorprendono con la loro interpretazione stratificata uscendo dalle regole della comicità del duo. La coppia di becchini affronta le rispettive situazioni famigliari, tra eredità e tradimenti, ma soprattutto le rielabora in forma narrativa allestendo uno spettacolo nel piccolo teatro di paese. Pirandello, non riconosciuto, osserva. Notando che realtà e finzione sono intimamente intrecciate, anzi dall’una deriva l’altra, tutto si mescola, perché la storia migliore è la deformazione della vita vera. Quando il soggiorno finisce il maestro sembra eclissarsi, da quell’esperienza però ha assorbito la materia necessaria per costruire la prossima opera. Roberto Andò mette in scena un congegno tanto semplice quanto efficace: il confronto tra l’autore immortale e due piccoli teatranti, modesti attori di paese, che proprio sulla non conoscenza dell’altro costruiscono il meccanismo comico a tratti esilarante. L’ambizione non è indifferente, ricostruire la nascita di un capolavoro innovativo e di rottura, un testo che mescola realtà e finzione, oggi diremmo “metaletterario”. Ma, ecco l’altra freccia del film, non lo fa attraverso un ostico cinema d’autore bensì con un racconto popolare, rivolto a tutti, che impasta mirabilmente complessità e ironia tenendole insieme fino alla fine. Merito anche della sceneggiatura, firmata dal regista con Ugo Chiti e Massimo Gaudioso, che mantiene alto il livello dei dialoghi e resta in equilibrio sul filo sottile tra verità e narrativa. Quando si arriva al noto debutto dello spettacolo, il 9 maggio 1921 al Teatro Valle di Roma, la cronaca fa irruzione e Pirandello viene ferocemente contestato da una parte del pubblico per la spiazzante proposta di “teatro nel teatro”. Nel 1934 vincerà il Nobel per la Letteratura. La stranezza riversa sullo schermo questa storia, offrendo uno sguardo nuovo sullo scrittore, un taglio obliquo e angolare, come il percorso delle ceneri inscenato da Paolo Taviani in Leonora addio. L’ingresso di Andò nell’universo pirandelliano si risolve con un esito felice, premiato dallo straordinario successo di pubblico, che con oltre 5,5 milioni di euro lo rende il maggiore incasso italiano del 2022.
La stranezza. La stranezza. La stranezza. La stranezza. La stranezza