Ridateci i Kings of Tampa
Andiamo subito al sodo. Magic Mike – The Last Dance è una degna conclusione della saga del nostro spogliarellista preferito? Assolutamente no.
Pur con Steven Soderbergh di nuovo alla regia, Last Dance si allontana completamente dall’universo dei due capitoli precedenti (il primo firmato proprio da lui, il secondo da Gregory Jacobs) sia per trama che per forma, tanto che è difficile vedere un nesso tra loro che non sia il titolo. Mike Lane (Channing Tatum), il cui business di mobili su misura è fallito per via della pandemia, si fa intortare da Maxandra, una ricca donna divorziata (Salma Hayek Pinault), che lo convince a dirigere uno spettacolo di spogliarello a Londra nel rinomato teatro posseduto per generazioni dalla famiglia dell’ex-marito.
Se la trama sembra non avere senso è perché non ce l’ha; la chiave è sapere che negli ultimi anni a Londra è diventato popolarissimo lo show di spogliarello Magic Mike Live, “concepito e diretto da Channing Tatum”. In questa ottica, Last Dance si delinea come spot gigantesco per lo spettacolo più che un film a sé stante; gli spogliarellisti nel film sono il cast dello spettacolo, e parti intere delle performance di spogliarello sono prese pari-pari dal palcoscenico londinese. L’estetica grezza e vagamente sudicia dei primi due film – specialmente dell’originale – viene totalmente abbandonata per dare posto ad una perfezione patinata e aspirational, piuttosto senza cuore per Soderbergh, che è anche al montaggio e alla cinematografia. In Last Dance, i protagonisti si comportano in maniera senza senso perché, alla fin fine, la narrazione è soltanto un traballante riempitivo tra una performance e l’altra, con la vaga idea di un messaggio pseudo-empowerment femminile che però sembra riassumersi in un blando “anche alle donne piace oggettificare”. Il cuore dei primi due film era la fratellanza e le vicende del gruppo di spogliarellisti dello Xquisite Strip Club, gli indimenticabili Kings of Tampa; era un ritratto decisamente poco glamour della loro vita, nonostante i litri di glitter spalmabile. In Last Dance, i Kings appaiono solo in una breve videochiamata (Zeitgeist!). Sembra troppo chiamarla critica sociale, ma nei primi due capitoli c’era della sostanza dietro alle avventure dei male entertainer; adesso rimangono solo i tentativi cocciuti di far sembrare interessante una storia d’amore scritta male e senza chimica, e ovviamente le scene di spogliarello, anche se stavolta ne sono protagonisti dei semi-sconosciuti. Peccato che non venga bene neppure quello: durante le scene degli spettacoli, gli spogliarellisti ballano, fanno acrobazie, si dimenano nell’acqua, ma non si spogliano! In compenso, in una delle scene iniziali del film, Channing Tatum e Salma Hayek fanno praticamente dry humping (sesso da vestiti) – un segno già in apertura che il film punta sull’ormonella piuttosto che sulla storia. Il fatto che nessuno abbia pensato per mezzo minuto a cosa stesse scrivendo o facendo è ben rappresentato dal fatto che la narratrice di un film teoricamente sullo spogliarello è una ragazzina preadolescente (la figlia di Maxandra, interpretata da Jemelia George).
Non c’è niente di prettamente ributtante in Magic Mike – The Last Dance; sarebbe una bugia dire che non ci sia proprio nessuna parte in cui è divertente e godibile. Ad ogni modo, quello che vorrebbe essere un film di rottura e rivincita, dove gli uomini sono oggetti e le donne hanno il potere, ne esce miseramente come un prodotto dove tutto è ridotto all’opzione più blanda possibile. È il beige camuffato con lustrini e vaselina.