Imperatrici che odiano
Corsage sarà senz’altro un bel colpo (o una lima al cuore, per rimanere in tema) per chi, come la sottoscritta, non è uscita indenne dall’ossessione collettiva per la Sissi interpretata da Romy Schneider e porta ancora i segni lasciati dall’orrendo cartone animato degli anni ‘90 (una coproduzione Rai, nientemeno).
La figura angelicata dalla storia dell’Imperatrice Elisabeth d’Austria viene riportata con i piedi fermamente a terra da Marie Kreutzer, che ne racconta la vita nei mesi successivi al suo quarantesimo compleanno nel 1877. Questa Elisabeth ha raggiunto il limite della sopportazione per le costrizioni del suo ruolo e del giudizio di chi la circonda. La sua furia si abbatte su chiunque la infastidisca e non riesca a stare al passo con i suoi cambi d’umore repentini – tanto sulle sue dame di compagnia quanto sull’Imperatore.
Alle prese con il lento decadere dell’unico effettivo potere che abbia avuto, la sua bellezza, da un lato si finge superiore e disinteressata al gossip dei suoi sudditi, ma dall’altro si sottopone a un regime alimentare e di esercizio estremamente severo, e cerca continuamente adorazione e complimenti, tanto da chi la circonda a palazzo, tanto dagli sconosciuti, come i pazienti dell’ospedale psichiatrico di cui è una benefattrice. L’occhio della macchina da presa è in continuo movimento all’interno di ambienti che, invece di essere sistemati e ridecorati, sono stati lasciati nello stato fatiscente in cui si trovano centocinquanta anni dopo. È uno specchio della monarchia, che si sta sgretolando nonostante chi circonda Elisabeth faccia finta di niente. Le stanze dell’Imperatore e dell’Imperatrice sono collegate da un corridoio imbiancato, spoglio, esclusivamente funzionale, come è diventata la loro relazione. Il confronto con Marie Antoinette di Sofia Coppola è inevitabile, non solo perché si è davanti a ritratti di regine, ma soprattutto per via di evidenti elementi visivi, sebbene utilizzati in modo totalmente differente. Coppola seminava anacronismi sottolineandoli e strizzando l’occhio al suo pubblico moderno; Kreutzer inserisce un paio di occhiali da vista o una canzone pop senza farvi alcun riferimento, una dissonanza cognitiva sullo sfondo, un ulteriore elemento di caos.
E mentre Coppola cercava di ammorbidire l’opinione dello spettatore verso la sua regina, figura controversa ma tragica, Kreutzer presenta una donna che non cerca compassione, dentro o fuori dal racconto. Corsage, per fortuna, non diventa l’ennesimo esercizio di trasformazione di una figura storica in una girl boss, come si è teso a fare spesso e volentieri nell’ultimo decennio (e come sfortunatamente fa uno dei poster del film).
La Elisabeth di Kreuzer e Vicky Krieps, quarantenne, turbolenta, ossessionata dalla sua magrezza, è una persona respingente, a volte patetica, è quello che rimane dopo una vita intera passata a sentirsi dire che è inadeguata – cosa che fa persino sua figlia Valerie a più riprese. È una donna adulta – senile, come le dice il medico di corte – che perde completamente la ragione quando il suo cavallo muore. Se non fosse l’imperatrice, sarebbe una delle isteriche incatenate ai letti del manicomio.
Niente di tutto questo potrebbe esistere senza una performance eccezionale di Krieps, che abita senza tentennamenti il personaggio dell’Imperatrice. Potrebbe essere allettante cercare di dare vulnerabilità a un personaggio simile, ma Krieps rimane perfettamente in controllo finché Elisabeth non decide, in totale autonomia, di scoprire il fianco. Krieps irradia odio anche quando inizia a indossare un velo che ne copre il volto.
Può sembrare antitetico dire che un film che mostra una protagonista sul costante orlo della rovina sia rinvigorente, eppure è così. C’è qualcosa di molto soddisfacente in una protagonista che non cerca punizione né redenzione.