La giustizia è giusta?
Dopo quarantatre anni, la strage di Piazza Fontana rimane ancora senza colpevoli segnando un capitolo tragico e incompleto nella storia della nostra Nazione.
Nel 2005 la Corte di Cassazione ha assolto definitivamente gli ultimi indagati non ottenendo una vera e propria giustizia.
Il 12 Dicembre 1969 alle ore 16.37 una bomba (forse due) esplode all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura a Milano. La prima pista seguita dagli inquirenti, in particolar modo dal commissario Luigi Calabresi (Valerio Mastandrea), porta a pensare che i colpevoli siano gli anarchici portando quindi al fermo di Giuseppe Pinelli (Pierfrancesco Favino) che muore in circostanze misteriose il 15 dicembre cadendo dalla finestra della questura dove era stato interrogato per tre giorni. Una campagna stampa guidata dal giornale di estrema sinistra “Lotta Continua” accusa Calabresi di essere il responsabile della morte di Pinelli. Il commissario fronteggerà la campagna diffamatoria finendo ucciso a sua volta.
Marco Tullio Giordana ripercorre gli anni della nostra Italia nel’68 – ’69 in cui il malcontento dilagava in tutte le classi sociali: si parte dal movimento di protesta studentesco per arrivare alla lotta degli operai spinti da una voglia di cambiamento che scrollasse il paese da quello stato di immobilità in cui si trovava.
Il 1969 diede inizio alla strategia della tensione il cui movente principale era quello di destabilizzare la situazione politica e influire sul sistema politico rendendo quindi instabile la democrazia. Questa strategia agiva attraverso la penetrazione in diversi gruppi terroristici in modo da spingerli a compiere atti di violenza tali da creare uno stato di allarme e terrore nell’opinione pubblica che avrebbe così giustificato e accettato più facilmente limitazioni alla libertà individuale.
Giordana, già autore di film di denuncia come Pasolini, un delitto italiano, I cento passi e La meglio gioventù si conferma sostenitore di quel cinema forte, di impegno civile che fa largo uso degli avvenimenti storici come strumenti di conoscenza e di riflessione per il presente. Il regista ha avuto il coraggio di fare i nomi e di far rivivere una storia mai conclusa ricostruendo minuziosamente la vicenda grazie a una ricerca documentale precisa e all’uso di materiali di repertorio di vario genere, come ad esempio i telegiornali.
Romanzo di una strage mostra il vero volto delle gerarchie al potere, mostra come lo Stato voglia nascondere la verità per i propri interessi, come un comune cittadino possa essere influenzato dagli stessi mezzi di comunicazione restando quindi in quello stato di oblio in cui non si sa a che cosa credere.