Venom, fantascienza sociale, e tanto body-horror
In un futuro in cui la tecnologia è ormai del tutto ibridata nella vita dell’uomo, la vita di Grey e Asha prende un’inaspettata piega drammatica: una gang di criminali li coglie in un’imboscata uccidendo Asha e lasciando Grey paraplegico.
Appellatosi alle autorità per catturare gli assassini, le ricerche infruttuose lo faranno precipitare in una buia depressione sino a tentare il suicidio. Senza via d’uscita, Grey chiede aiuto al magnate della biomeccanica della Vessel Eron Keen, il quale gli impianta un chip sperimentale (STEM) alla base della spina dorsale. Grey riprenderà a camminare proprio grazie alla tecnologia che detestava. La sua sete di giustizia troverà presto soddisfazione ma a un prezzo troppo caro da pagare.
Firmate le sceneggiature della saga di Saw (Saw, Saw II, Saw III) ed Insidious (Insidious, Insidious 2, Insidious 3) – di cui il terzo capitolo fungerà perfino da battesimo di fuoco registico – per Leigh Whannell arriva il momento di uscire dalla comfort-zone filmica dell’horror propriamente detto. Nel farlo sceglie un’opera parecchio interessante. Tanto fresca nel ritmo registico quanto derivativa nelle suggestioni: Upgrade. Al centro del progetto un Logan Marshall-Green inedito e in grande spolvero a cui sembrava destinato dal naturale corso degli eventi. Da circa dieci anni infatti il suo nome è spesso accomunato a quello di Tom Hardy per via dell’evidente somiglianza in viso; in via del tutto ironica e inconsapevole Upgrade ha ravvivato “l’eccellente” paragone per ragioni altre. Quasi contemporaneo di Upgrade ecco Venom di Marvel e Sony (con protagonista Hardy) che con l’opera di Whannell ha in comune proprio la causale del racconto: un uomo medio che per circostanze straordinarie acquisisce delle doti super attraverso un essere-ospite (sia esso alieno o tecnologico) nel proprio organismo. Ma se il fato di Eddie Brock è decisamente benevolo, quello di Grey Trace è più una lenta discesa negli inferi.
Sullo sfondo di un’inflazionata ma sempre efficace riflessione sociale sulla dicotomia uomo-macchina/tecnologia-società – di cui Whannell dà chiari rimandi nelle dimensioni caratteriali dei suoi protagonisti – prende forma una revenge story delle più classiche e dal solidissimo intreccio infarcita di sangue e viscere, di suggestioni di body horror (Videodrome, Tetsuo) e di ribelli tecnologici kubrickiani (2001: Odissea nello spazio). Fantascienza sociale di near future con spruzzate horror. La nuova frontiera del cinema di genere di cui Whannell – ancor più con il successivo L’uomo invisibile – appare sempre più come restauratore e pioniere a cavallo tra tradizione e innovazione.