L’invenzione della gioventù
Chiede uno sforzo di immedesimazione non facile, soprattutto se non si hanno 20 anni, Un’educazione parigina, il film di Jean-Paul Civeyrac che arriva in Italia via streaming dopo il successo nel 2018 alla Berlinale. Chiede di entrare nell’ottica dei ragazzi, dei giovani cinefili e di perdonare loro quelli che sembrano i difetti del film.
Civeyrac, anche sceneggiatore, racconta di Etienne, un ragazzo che si trasferisce a Parigi per studiare cinema e diventare regista, racconta delle sue amicizie, dei suoi amori, dei loro tentativi artistici e delle velleità perdute. Racconta di una giovinezza come quella che molti cinefili, magari studenti del DAMS, hanno avuto.
E quindi, il film sembra risultare un bigino della cinefilia, dell’ortodossia militante, dell’autoindulgenza dei ventenni, pieno di dialoghi pretenziosi, di musiche e citazioni fatte per sembrare più intelligenti, di discussioni politiche che suonano false (e il doppiaggio ovviamente peggiora le cose).
Però Civeyrac è insegnante in una scuola di cinema, quei ragazzi li conosce e li vive seppure dall’altro lato della cattedra, perciò poco a poco sorge un dubbio, dopo una sequenza in cui uno scontro politico è accompagnato da uno dei ragazzi con una musica di pianoforte: ovvero, che il film assuma su di sé i difetti, le ingenuità e i limiti della gioventù per raccontarla meglio, che entri così a fondo in ciò che gli studenti di cinema sono che, per comunicarli meglio, deve diventare un po’ come loro. A quel punto, i difetti mutano e di Un’educazione parigina riusciamo a cogliere il romanticismo, la tenerezza.
C’è aria di Garrel ed Eustache nel film di Civeyrac, il bianco e nero, la musica classica, il continuo gioco di ronde sentimentali e chiacchiere, ma il regista lavora sugli scarti tra quel cinema e il suo: cosa succede se trasporto uno sguardo sul cinema e la vita dentro occhi diversi (il digitale) e mondi diversi?
Il film osserva lo scarto che si produce, al filtro dell’immagine contemporanea applica anche quello dell’età e mostra il distacco tra l’assolutismo giovanile e la sua comprensione: ne viene fuori un film irrisolto, come i suoi personaggi e come ogni ventenne più o meno; di maniera come le aspirazioni che mostra, ma proprio per questo in grado di accarezzare i suoi personaggi e lo spettatore capace di immaginarsi come un damsiano, di tornare ai suoi vent’anni e agli ardori giovanili. È un film malinconico più che vitale, e qui sta la firma dell’autore, l’occhio del professore, ma è anche una piccola lettera d’amore ai propri studenti scritta senza paternalismo, con grazia e una certa spartana eleganza.
Un’educazione parigina [Mes pronvinciales, Francia 2018]
REGIA Jean-Paul Civeyrac.
CAST Andranic Manet, Corentine Fila, Valentine Catzéflis, Diane Rouxel. SCENEGGIATURA Jean-Paul Civeyrac.
FOTOGRAFIA Pierre-Hubert Martin.
Drammatico, durata 137 minuti.