L’infanzia di una nazione
Nello spiegare l’importanza e il valore che la Cordigliera delle Ande ha per il popolo cileno, Patricio Guzmán non esita anche a parlare di sé, della propria vita di esule politico.
Di Santiago che è diventata un luogo della memoria, la città della giovinezza, dove nemmeno gli odori sono più gli stessi. Del rapporto difficile con una patria che ormai Guzmán non riconosce più, dove il tempo sembra scorrere più lentamente – e infatti il vulcanologo Álvaro Amigo afferma che man mano che si avanza nella Cordigliera, si va indietro nel tempo, come fa il ricordo degli aerei militari, delle violenze, degli arresti. Guzmán non ama comparire davanti alla cinepresa, non è un documentarista-star che ruba la scena agli altri protagonisti del film, ma parla in prima persona, in voice over. Prima di lasciare spazio ai suoi testimoni, come l’amico pittore Guillermo Muñoz Vera, esiliato in Spagna, che alla Cordigliera ha dedicato alcuni affreschi, considerandola la porta d’entrata per capire il Cile di oggi. Oppure lo scultore Francisco Gazitua, affascinato dal vento e dall’odore della catena montuosa. La nipote di Violeta Parra, Javiera, anche lei musicista, secondo la quale la Cordigliera protegge ma isola, allo stesso tempo. Lo scrittore Jorge Baradit, più preciso: «La Cordigliera è un mare e noi siamo un’isola». Dalla pietra di quelle montagne si ricavano i ciottoli su cui sono incisi alcuni dei nomi delle vittime della dittatura. Treni fantasma notturni partono dalle miniere di rame della Cordigliera, in mano agli stranieri. Nessuno conosce i loro spostamenti.
La Cordigliera dei sogni non è una semplice raccolta di testimonianze. Le immagini del paesaggio cileno sono di una bellezza stupefacente, sin dall’incipit, in cui un drone attraversa una nuvola, sullo sfondo della Cordigliera, mentre al di sotto si vede la città, distante. Per colmare questa distanza, Guzmán si reca nel quartiere dov’è cresciuto. Ancora un drone mostra le case in rovina della sua infanzia. Filma per caso una parata militare. La musica è rimasta la stessa, come il disegno dei monti cileni sulle scatole di fiammiferi. In una nazione che dimentica tutto, nega il passato, adotta uno spietato neoliberismo, una figura di filmmaker e archivista come quella di Pablo Salas è fondamentale. Salvatosi per pura fortuna, ha iniziato a filmare sistematicamente nel 1982-83 e continua ancora, con una predilezione per gli scontri nelle strade, a mostrare la vita di un popolo oggi più ricco, ma più triste. Guzmán lo riprende mentre sta filmando l’esercito che usa gli idranti contro i manifestanti. Il dialogo tra questi due cineasti indipendenti e resistenti, nella loro commovente tenacia, è il momento più intenso di un film che fa della Storia e del territorio la materia prima per una lezione politica, etica ed estetica.
La Cordigliera dei sogni [La Cordillère des songes, Francia 2019] REGIA Patricio Guzmán.
SCENEGGIATURA Patricio Guzmán. FOTOGRAFIA Samuel Lahu. MONTAGGIO Emmanuelle Joly.
Documentario, durata 84 minuti.