38° Premio “Sergio Amidei”, 18 – 24 luglio 2019, Gorizia
Desideri da uomo
I personaggi di Margarethe von Trotta sono tutti femminili. Anche gli uomini, quando presenti, non sono veri uomini ma sono negazione del femminile, figure complementari, ottenute per sottrazione più che per rilievo.
Come Anna in Sorelle (1979), Marianne di Anni di piombo (1981) e le tre sorelle di Paura e amore (1988) anche la Ruth di Lucida follia è una donna in cerca di identità, o meglio di individuazione, più che a sé stessa, agli occhi degli altri. Ruth è una creatura misteriosa, artista inquieta, scarsamente adatta alla vita sociale; quasi non parla, se non con gli occhi, vivissimi. Durante una cena una sua fuga scuote tutti i convitati: è Olga, professoressa universitaria, a trovarla in una grotta buia e uterina e a riportarla indietro. Più che una rinascita quella di Ruth è una fioritura. Solo per Olga dipinge con tutta sé stessa; solo per Olga esce e si cura; solo per Olga ritorna nell’ambiente collettivo – e quindi per lei ostile – dell’università; solo per e con Olga riesce a tornare all’insegnamento e a risentirsi protagonista della propria vita e del proprio corpo. Ma Franz, il suo compagno, sente l’indipendenza acquisita da Ruth come una minaccia al loro rapporto e alla sua autorità.
Raramente come in Lucida follia von Trotta è palesemente innamorata delle sue immagini; altrove è la trama, attorno ai nodi dei personaggi, ad entusiasmarla. Qui anche l’immagine parla: ha delle sue battute. Perde i colori quando la vita si rivela, quando la paura prende il sopravvento, quando l’istinto esclude il raziocinio: quando, in sostanza, si esclude il falso e l’apparente, quando tutto è verità, profezia, prescienza. Li perde allo stesso modo in cui Ruth dipinge, ricopiando quadri celebri con figure femminili, ma in bianco e nero. Tra questi le Due dame veneziane del Carpaccio, rose dalla noia, divenute insofferenti al vedersi riconosciute un valore solo se legato ad un uomo (matrimonio, fedeltà, fecondità), sembrano essere la riproduzione incarnata di Olga e Ruth.
Ma in loro due rivivono anche Bettina (o Gunda) Brentano e Karoline von Günderrode pronte ad un nuovo, intensissimo, scambio. Scrive la von Günderrode nel suo Epistolario: «Non ho nessuna sensibilità per le virtù donnesche e per la cosiddetta felicità femminile. Mi piace solo quello che è selvaggio, grande e brillante. […] Sono una donna ed ho desideri da uomo senza possederne la forza. Perciò sono così mutevole e in dissidio con me stessa». È per annullare questo dissidio che Ruth-Karoline deve annullare il suo complementare: per totalmente essere, prendendosi tutto lo spazio; ma il risultato – immaginato o reale? È in bianco e nero! – non è altro che un estremo annullamento di se stessa, della Ruth-Karoline che ha sofferto e desiderato per infine «dare vita a ciò che mi uccide».
Lucida follia [Heller Wahn, Repubblica Federale Tedesca 1983] REGIA Margarethe von Trotta.
CAST Hanna Schygulla, Angela Winkler, Peter Striebeck, Christine Fersen, Franz Buchrieser.
SCENEGGIATURA Margarethe von Trotta. FOTOGRAFIA Michael Ballhaus. MUSICHE Nicolas Economou.
Drammatico, durata 99 minuti.