Iris, giovedì 8 marzo, ore 21
Le afflizioni dell’anima
Chiunque nella vita abbia avuto la fortuna di incontrare Paul Schrader, avrà di sicuro notato una sua peculiare caratteristica: una personalità ombrosa, chiusa, schiva. Queste sono anche le caratteristiche di uno dei suoi più riusciti personaggi: Wade Whitehouse, il poliziotto protagonista della sua quattordicesima presenza dietro la macchina da presa, Affliction (1997).
Tratto dall’omonimo romanzo – in Italia diventato Tormenta – di Russell Banks (1989), il dramma – che gioca a travestirsi da giallo – è la ricerca introspettiva di un uomo continuamente perseguitato dal passato. Tutti gli avvenimenti che parallelamente accadono fungono da cornice al ritratto psicologico di Wade: ecco che quindi un omicidio di cui l’uomo costruisce un’errata interpretazione, il lavoro insoddisfacente, le ferite ancora aperte del passato, la lotta per l’affidamento della figlia con la quale tenta in ogni modo – e invano – di costruire un legame, la difficile relazione con la donna amata, il rapporto morboso col fratello, diventano una proiezione di quello che è il suo (mal)essere. Emerge così un Io scisso tra il suo lato dolce, quasi un bambino che chiede disperatamente di essere amato, e il lato oscuro, quello che ognuno di noi profondamente possiede, che in Wade si manifesta tramite scatti di violenza irrazionale che spaventano coloro (i pochi rimasti) che lo amano – o che tentano di farlo – ma che spaventano anche se stesso. Un uomo che per tutta la vita ha fatto di tutto per allontanarsi dalla figura di un padre che sfogava la propria frustrazione sui figli; da quella di una madre incapace di lottare contro un marito troppo forte e che si è consumata nella propria sofferenza; dalla cittadina natale, culla dei propri dolorosi ricordi, alla quale tenta in tutti i modi di far riavvicinare la figlia e dalla quale invece non è mai riuscito a fuggire. A differenza del fratello Rolfe, che invece è riuscito a realizzarsi lontano da tutto e tutti; l’unica persona a cui Wade è in grado di aprire totalmente la propria anima e che in quelle telefonate notturne, che rappresentano un grido disperato, si trasforma nella sua coscienza.
Ma ecco che alla fine, solo e invecchiato, il poliziotto si ritrova ad essere proprio come quel padre che ha sempre odiato. Come se si arrendesse alla calvinista teoria della predestinazione (ideologia da cui anche Schrader proviene), “per mezzo della quale Dio ha assegnato gli uni a salvezza e gli altri a condanna eterna”.