E venne il tablet
In un futuro lontano, ma non troppo, l’utilizzo sempre più invadente di tablet e dispositivi mobili ha ridotto l’intera popolazione della Terra a un insieme omogeneo di esseri gobbi, fisicamente incapaci di alzare la testa oltre la “linea del dolore” piazzata ovunque a 1.60 metri. C’è chi, come Garbo, crede nell’esistenza degli “uomini alti”, esseri divini (poi si scopre essere malvagi) capaci di superare senza sforzo quella linea.
Phil Cockburn è uno dei maggiori analisti del nostro tempo. Lo dice la sua filmografia che, seppur ancora numericamente misera, vanta già almeno due capolavori di genere: La città svuotata (2012) e La vertigine (2017). Gli uomini alti è il terzo vertice di questo triangolo perfetto che potremmo chiamare “Trilogia della deriva” e che, dopo l’uomo e la natura, pone al centro la questione della tecnologia immaginando, come negli altri due casi, scenari probabili e non eccessivamente irreali. Garbo, il ragazzo protagonista, è un moderno Indiana Jones malato di storia e pronto a vivere l’avventura della vita, nonostante la sua condizione naturale di ingobbito, piegato sul “tablotto”, strumento di gestione totale dell’esistenza, dal lavoro al tempo libero fino alle stupende – ma al tempo stesso terribili – conversazioni familiari. Probabilmente è quest’ultimo elemento, più che lo svelamento finale, a rappresentare il motivo di maggior interesse: non è tanto quello che è successo alle nostre vite fuori a essere terribile piuttosto ciò che il nostro privato ha dovuto subire nel perdere la battaglia con una tecnologia solipsistica e assolutamente anaffettiva.
“Sono partito proprio da quella immagine”, ha svelato in conferenza stampa a Toronto lo stesso regista, “e da un episodio preciso. Ero seduto a tavola con parenti più o meno simpatici per una di quelle commemorazioni annuali che gli altri chiamano feste e a un certo punto mi sono reso conto che due nipoti, seduti uno di fronte all’altro, invece di parlare si stavano scrivendo, alzando la testa solo ogni tanto per breve cenno d’intesa. È in momenti come questi che capisco che siamo già dentro la fine di tutto”.
Per parlare del suo stile si scomoda sempre il paragone con Black Mirror che può valere nelle premesse – immaginare cosa potrebbe succedere se… – ma che salta quando si pensa alla forma, così poco patinata, sporca, aggressiva, figlia del cinema degli anni ‘70 più che di quello contemporaneo. Cosa che, per molti, non rappresenta un difetto bensì un vanto da ostentare con orgoglio.
Gli uomini alti [The High Men, USA/Germania 2019] REGIA Phil Cockburn.
CAST Asa Butterfield, Matthew Modine, Frances McDormand, Nicholas Hoult.
SCENEGGIATURA Phil Cockburn. FOTOGRAFIA John Guleserian. MUSICHE Steven Price.
Fantascienza, durata 128 minuti.