Quattro terzi di noia
Nella Polonia del 1949 Zula e Wiktor, lei cantante e ballerina dell’ensemble di musica e danza popolare di cui lui è direttore, s’innamorano perdutamente. La situazione politica del Paese porterà però Wiktor, anticomunista, a fuggire a Parigi. Da quel momento il rapporto tra i due sarà diviso dalla cortina di ferro, ma faranno di tutto per ricongiungersi.
Dopo il premiato Ida, Paweł Pawlikowski torna dietro la macchina da presa con Cold War, confermandosi un amante del bianco e nero e del formato quattro terzi. Nonostante uno stile riconoscibile e ricercato – ma privo di un’autentica potenza nello sguardo (citofonare Cuaròn per l’uso del bianco e nero) – il regista polacco confeziona un film scialbo, in cui la storia d’amour fou tra i due protagonisti e lo sfondo storico-politico della Guerra Fredda non si fondono in maniera convincente. Così le emozioni latitano, tra rimandi agli amori “da Nouvelle Vague”, fra strade, locali e sottotetti parigini (ma a un certo punto quasi ci si aspetta che compaia la scritta “J’adore, Dior”), e un’aura di distacco un po’ narciso che richiama Antonioni (quello meno ispirato, va da sé).
L’ambientazione d’epoca, con “i baffi di Stalin” che arrivano a coprire ogni cosa, appare scelta più per giustificare i salti temporali pluriennali nella relazione tra Zula e Wiktor, che non per approfondire – pur mantenendo legittimamente il focus sul rapporto tra i due protagonisti – un momento cardine della storia polacca del Novecento. Pawlikowski non pare interessato a raccontare un’epoca attraverso le vicissitudini intime dei suoi personaggi (e, di nuovo, il pensiero a Roma sale spontaneo, senza scomodare capolavori come Una giornata particolare), ma in più manca colpevolmente nel conferire il giusto pathos alla sua tragica love story, che presto diventa piatta e prevedibile. Senza dialoghi degni di nota, anche gli attori protagonisti, pur avendo “le facce giuste”, rimangono imbrigliati in caratteri in cui lo scavo psicologico è solo accennato. Non ci resta dunque che goderci alcune sequenze d’insieme – gli spettacoli teatrali che mutano da rappresentazioni folkloristiche a esibizioni di propaganda – e alcune inquadrature raffinate, in cui il 4:3 viene usato dal regista per chiudere i suoi personaggi in uno spazio angusto (metaforico e non) nel quale, insieme a un Paese privato di orizzonte, viene progressivamente a mancare l’aria anche a Zula e Wiktor, soffocati dal loro amore, imprigionati dal contesto storico, senza vie di fuga: tranne una, definitiva.
Cold War [Zimna wojna, Polonia/Francia/Regno Unito 2018] REGIA Paweł Pawlikowski.
CAST Joanna Kulig, Tomasz Kot, Borys Szyc.
SCENEGGIATURA Paweł Pawlikowski, Janusz Glowacki, Piotr Borkowski. FOTOGRAFIA Lukasz Zal. MONTAGGIO Jaroslaw Kaminski.
Drammatico/Sentimentale, durata 84 minuti.