INEDITO; USA 2008
Dopo la tempesta
Brett, Gordy e Martine condividono tutto. Stessa auto, stessi motel, stessa camera da letto. Ma non sono una famiglia e nemmeno amici intimi. In realtà non si conoscono affatto. The Yellow Handkerchief, quarto film di Udayan Prasad, è il viaggio on the road di tre sconosciuti.
Ognuno sa degli altri soltanto l’evidenza: Gordy sa che Martine è bellissima, lei sa che Gordy è uno sfigato e nessuno sa niente di Brett. Non sanno, ad esempio, che è appena uscito da sei anni di carcere. Perché ci sia entrato non lo sappiamo neanche noi.
La convivenza estemporanea di due adolescenti e un ex galeotto non è l’unico fattore tensiogeno per questo road movie inedito in Italia e ora disponibile su YouTube. Il fil rouge dei ricordi di Brett, stralci di immagini e conversazioni, è un puzzle di indizi sul crimine commesso frapposto a sprazzi di vita presente. Tutta la sua vita non sono che frammenti, così come i collage fotografici di Gondry o gli accenni di danza di Martine. Lungo l’asfalto della Louisiana post Katrina quelle che viaggiano sono esistenze a pezzi.
Prasad le sprofonda in un film liquido, dove il passato trabocca per osmosi e l’acqua si svela presenza costante. La fotografia imbattibile di Chris Menges ne esalta e diffonde i colori vividi avvolgendoli di un allure indeterminato. Vertice involontario di un triangolo ambiguo, tra l’ammirazione scettica di Gordy e le sfuggenti avances di Martine, Brett è costretto a scegliersi un ruolo, riacquistando i contorni di un’identità. È William Hurt a renderla credibile senza perdere un grammo di intensità, nonostante le falle di una scrittura non sempre ispirata e convincente. La stessa sottile incoerenza vizia i personaggi di Eddie Redmayne e Kristen Stewart – al tempo delle riprese ancora immune dall’orda di Twilight – ma le performance di entrambi compensano crepe comunque perdonabili.
Nel viaggio inconsapevole verso un ritorno a casa, nel recupero inatteso di un obiettivo la possibilità di una rinascita è un principio rassicurante nel quale il film vuole assolutamente credere, magari a costo di qualche clichè. Una rinascita che passa necessariamente dalla reciproca fiducia, in cui l’unico modo per ritrovarsi integri è vedersi riflessi negli occhi dell’altro.