L’arte di questionarsi
Non è un mistero che Kieslowski con il suo Decalogo abbia prima di tutto interrogato lo spettatore su una serie di questioni morali che partivano proprio dai comandamenti. Dieci brevi film in cui ad essere messo al centro non è solo, ovviamente, il tema del singolo comandamento, ma ad aver importanza è prima di tutto l’atto stesso di questionare lo spettatore sui singoli argomenti.
Spesso la vera arte si rivela non tanto per la sua capacità di porre risposte a chi ascolta, ma è con la capacità di porre domande che forse si realizza il suo più grande risultato, ponendo quindi il soggetto da un ruolo passivo ad uno attivo. Chiaro, qui non si vuole generalizzare, ci sono opere in grado di dare una visione del mondo estremamente definita e completa senza per questo esser meno rilevanti,; ma lo stesso queste rivelano la loro importanza per la capacità di porre interrogativi. Questo preambolo, doveroso, serve in parte a rendere l’idea di come l’opera di un grande autore come Kieslowski, assieme a Krzysztof Piesiewicz suo sceneggiatore, abbia sempre chiesto allo spettatore un coinvolgimento moralmente attivo. Breve film sull’uccidere è la versione estesa del quinto episodio del Decalogo realizzato dal regista polacco: un racconto fulminante, capace di sconvolgere per la sua abilità di penetrare lo spettatore, impossibilitato a rimanere indifferente di fronte all’episodio, e ciò è dovuto non solo per la brevità e al semplicità dello stesso, elementi cardine nella poetica di Kieslowski, ma prima di tutto per l’umanità insita nei personaggi mostrati. È facile giudicare i personaggi messi in scena, il tassista e il ragazzo sono due persone che non hanno rispetto per nessuno, antipatiche e sgradevoli, entrambe meritano di esser punite, questo è quello che in un primo momento si potrebbe esser portati a pensare, ma le sicurezze vacillano quando vediamo il primo dei due esser assassinato dal giovane. Veramente quest’uomo meritava una fine tanto orrenda? E allo stesso tempo si può rimanere indifferenti quando l’assassino, il ragazzo, viene condannato a morte per impiccagione, e lo vediamo crollare a terra di fronte alla paura della morte? È qui che i discorsi dell’avvocato che aprono la pellicola hanno un senso e mettono in questione ogni certezza dello spettatore, la foto della ragazza che l’assassino ha con sé è il segno di come il male non sia innato nell’essere umano, ma ogni persona ha una propria umanità e non vederlo è come esser ciechi davanti all’evidenza. Un’indifferenza che caratterizza il meccanismo giudiziario freddo e meccanico che annichilisce ogni umanità. Ciò che penetra nello spettatore in Breve film sull’uccidere è il fatto di vedere una persona nella sua totalità anche dopo averlo giudicato, dover ripensare alle proprie decisioni e, ancor più difficilmente, giudicare chi e cosa giudica. Si può parlare senza mai stancarsi delle invenzioni di regia sempre superbe, o delle scelte narrative efficaci e mai banali, per non dimenticare dell’eccellente fotografia, ma forse, prima di tutto, l’eccellenza del film sta nella capacità di far interrogare se stessi nel profondo.
Breve film sull’uccidere [Krótki film o zabijaniu, Polonia 1988] REGIA Krzysztof Kieślowski.
CAST Mirosław Baka, Krzysztof Globisz, Jan Tesarz, Maciej Maciejewski.
SCENEGGIATURA Krzysztof Piesiewicz, Krzysztof Kieślowski. FOTOGRAFIA Sławomir Idziak. MUSICHE Zbigniew Preisner.
Drammatico, durata 84 minuti.