Sentimenti itineranti
Quando Jonas incontra per caso la giovane Casey, è amore a prima vista. Intollerante nei confronti del padre di lei, tutore della legge violento e alcolizzato, il ragazzo prende la decisione che vale una vita intera: affronta a muso duro il genitore e poi scappa per proteggere la fragile ragazza.
L’idillio sbocciato tra Jonas e Casey in mezzo ai traumi familiari di un ambiente corrotto, non fosse per l’enfasi del tema musicale, per i campi lunghi estetizzanti e per la messa in quadro di un evocativo paesaggismo spirituale, parrebbe solo una blanda cronaca sentimentale col pilota automatico sulla rotta di uno stinto american dream. In parte il lavoro di Nathan Morlando è così, perso tra l’incapacità di aderire completamente alla grandeur del cinema di frontiera e poco incline a indulgere totalmente al coming of age sentimentale; complici soprattutto una scrittura infarcita di piste narrative troppo battute e la scelta di una forma stilistica che, al contrario della sporca e rude terra delle seconde opportunità, appare addomesticata e fin troppo convenzionale. Mean Dreams, poetica di fughe esasperate e ritorni impossibili, faide familiari e conflitti generazionali, non si riduce però al solo esercizio stilistico, perché Morlando conosce bene i meccanismi del coinvolgimento spettatoriale e, pur con tutti i vizi di un accentuato manicheismo e delle (molte) sfocature sui personaggi (eccetto il consumato e violento padre-padrone Bill Paxton), riesce a dipingere un microcosmo senza regole, retrogrado e maschilista, stretto tra barricate ideologiche che non consentono alcuna rinascita. Solido ed elegante nelle sequenze di ampio respiro, il film si perde per strada, proprio quando cerca di seguire con ambizioni alte i suoi protagonisti in un nomadismo fisico e spirituale che il regista vorrebbe indagare nel profondo e che invece è restituito quasi esclusivamente nello sciatto ritratto di un’umanità inquieta aggredita da adolescenti indomabili. Tra racconto di formazione e thriller d’atmosfera, Mean Dreams è tutto ciò che non vorrebbe mai essere: sogno didascalico da assaporare con lo sguardo, rabbia giovane spiegata e non vissuta, cartolina colorata d’autunno a cui manca l’anima e quelle necessarie premesse narrative per avere un coerente sviluppo dell’intreccio. Invece gli eventi accadono dal nulla e nel nulla ritornano e i sentimenti itineranti, sbocciati dal vuoto delle vite di ciascuno, si perdono in riflessioni e dialoghi smorzati che hanno la consistenza di sogni interrotti. Al netto di una confezione attenta al dettaglio, il film non decolla, lasciando in bocca quel retrogusto amaro dell’occasione sprecata.
Mean Dreams [id., Canada/Francia 2016] REGIA Nathan Morlando.
CAST Josh Wiggins, Sophie Nélisse, Bill Paxton, Colm Feore, Vickie Papavs.
SCENEGGIATURA Kevin Coughlin, Ryan Grassby. FOTOGRAFIA Steve Cosens. MUSICHE Son Lux.
Thriller/Drammatico, durata 100 minuti.