12. Festa del Cinema di Roma, 26 ottobre – 5 novembre 2017, Roma
Il passo del cinema
Una delle categorie critiche più comuni nella descrizione, soprattutto negativa, dei film riguarda la lentezza. Quante volte avete sentito dire o avete letto “è un film lento” e “alcune scene sono troppo lente”? Ma quale criterio può imporre ad un film un ritmo? E cosa fa presupporre che un ritmo veloce sia una base imprescindibile per un buon film?
Il piccolo crociato è senza dubbio un film lento, tanto da sembrare esente da un ritmo vero e proprio e più affine ad un lungo continuo visivo; se si stesse parlando di musica si potrebbe descrivere come un suono tenuto ed in sé cangiante: qualcosa che non intrattiene, non fa battere il piede, ma che attira, cattura, ammalia. Nelle campagne di un’imprecisata regione mediterranea il piccolo Jenik ha una visione, un cavaliere supera la collina e si avvicina sempre più alla sua finestra; è un segno, una chiamata alle armi che Jenik coglie senza ripensamenti. All’alba indossa una larga casacca bianca, dei pantaloni rosa e un’armatura da bambino. Il rumore della spada, che tocca terra perché inadatta alla sua età, segna i suoi passi mentre si allontana da casa, l’inquadratura è fissa, Jenik procede senza fretta e il nostro occhio di spettatore vorace è costretto a rallentare e ad adeguarsi al suo passo. È in queste prime scene che Il piccolo crociato enuncia la sua poetica, il suo stile: il bosco in cui Jenik si addentra si lascia scoprire nel suo aspetto disordinato e perciò naturale, la macchina da presa non guida lo sguardo, non seleziona cosa vedere, il soggetto dell’inquadratura quasi si perde nell’immagine. Il film sarà come quel bosco, non determinato, non univoco, aperto. Il soggetto de Il piccolo crociato si ispira alla leggenda della cosiddetta crociata dei bambini, secondo cui all’inizio del XIII secolo un gran numero di bambini si sarebbe messo in marcia dalla Francia per raggiungere la Terra Santa ed essere di supporto ai crociati. Jenik è uno di questi bambini e suo padre Borek, non appena si rende conto della scomparsa, si mette sulle sue tracce. Ma la sua, per la tenacia e per l’infaticabilità, diventa una recherche, una queste cavalleresca che sembra mano mano perdere i connotati dell’amor paterno per assumere quelli della crisi e del viaggio interiore. Le scene mescolano i piani temporali mantenendo l’unità dei luoghi e la fusione tra presente, passato e presagi futuri fa di ogni sequenza un nuovo enigma irrisolto che Borek non sa far altro che contemplare e superare. La leggenda, oggi smascherata da studi storici e filologici, col suo stare in bilico tra mito e realtà si traduce nel film nel dubbio di Borek, nella sua paura di aver davvero perso suo figlio e la purezza che, sottolineata dalle frequenti dissolvenze al bianco, sembra essere il vero oggetto incarnato della ricerca. Il cinema di Kadrnka non è morale, non è d’intrattenimento, cos’è? È estetico, proustiano, è un cinema con un altro passo.
Il piccolo crociato [Křižáček, Repubblica Ceca/Italia 2017] REGIA Václav Kadrnka.
CAST Karel Roden, Matouš John, Aleš Bílík, Jana Semerádová.
SCENEGGIATURA Václav Kadrnka, Vojtěch Mašek. FOTOGRAFIA Jan Baset Střítežský. MUSICHE Vojtech Havel, Irena Havlová.
Storico, durata 87 minuti.