55. Viennale – Vienna International Film Festival, 19 ottobre – 2 novembre 2017, Vienna
E guardo il mondo da un oblò
Assecondando la smania occidentale di etichette e classificazioni, si è soliti definire il regista Feng Xiaogang “lo Steven Spielberg” cinese. Cotanto soprannome lo si deve alla fama di un autore generoso capace di spaziare da un genere all’altro con gran naturalezza, ottenendo sempre risultati lusinghieri.
La carriera di Feng è costellata di blockbuster di successo, da The Banquet ad Assembly, da Aftershock a Personal Tailor. Sulle locandine il suo cognome – che giganteggia come e oltre quello degli attori principali – è garanzia di qualità, marchio di fabbrica che soddisfa la pancia del pubblico e la testa del critico. In un Paese cinematograficamente “difficile” come la Repubblica Popolare Cinese poi, il plusvalore è un altro: non incorrere nella feroce censura di regime, nonostante si affrontino temi spinosi e socialmente destabilizzanti per il popolo. In questo gioco Feng è un maestro, come dimostra l’astutamente verboso e squisitamente fluviale I Am Not Madame Bovary, già vincitore del San Sebastian Film Festival 2016. Non un film sulla Madame Bovary flaubertiana, ma su “una” Madame Bovary che rifiuta tale disdicevole appellativo. La storia ruota attorno a Li Xuelian, moglie caparbia che – come accade spesso in Cina – finge di divorziare dal marito per poter ottenere un appartamento in città. Vittima della sua medesima trappola, Li si ritrova umiliata: il coniuge l’ha lasciata per davvero, trasferendosi nella nuova casa con un’altra donna. Nel momento in cui il marito per sbarazzarsi definitivamente di lei non esita a darle della “pan jinlian” (sorta di donna dai facili costumi assimilabile alla Madame Bovary della letteratura francese), non resta che far causa all’ex consorte per cancellare la separazione e riabilitarsi agli occhi della società. Incubo kafkiano e al contempo favola trasognata, I Am Not Madame Bovary ci trascina nelle segrete stanze del sistema legale cinese e dei suoi labirinti burocratici attraverso l’insolito utilizzo di un iris tondo che coincide con lo stato d’animo “soffocato” della protagonista: uno scontro fra Davide e Golia che abbiamo il privilegio di osservare attraverso un privatissimo buco della serratura, che viene abbandonato a favore di un aspect ratio rettangolare solo nei momenti di apparente risoluzione dell’intreccio. Incastrato in un meccanismo amorale e inestricabile, l’uomo è una delle microscopiche parti di un sistema abnorme e complesso; ma, come ammette uno dei burocrati perseguitati da Li Xuelian, “un seme è diventato un cocomero, una formica è diventata un elefante”. E allo stesso modo un film apparentemente innocuo e allineato alle direttive del governo centrale (la corruzione come male supremo da estirpare) diviene una inattaccabile denuncia alla illogica e controversa autorità statale precostituita.
I Am Not Madame Bovary [Wo Bushi Pan Jinlian, Cina 2016] REGIA Feng Xiaogang.
CAST Fan Bingbing, Guo Tao, Zhang Jiayi, Dong Chengpeng.
SCENEGGIATURA Liu Zhenyun (tratta dal suo romanzo I Did Not Kill My Husband). FOTOGRAFIA Luo Pan. MUSICHE Du Wei.
Commedia, durata 137 minuti.