Il ritorno della “claustromania”
Dopo il successo di Buried – Sepolto (anche se palesemente ispirato – o scopiazzato? – dalla famosa puntata di CSI, Sepolto vivo, diretta da Tarantino), la penna di Chris Sparling torna a firmare un horror claustrofobico.
Perché è proprio questo sintomo il tema portante del film-esordio di David Brooks, ATM – Trappola mortale. Come lo sfortunato Paul ritrovatosi rinchiuso in una cassa sottoterra, anche i nostri tre protagonisti subiscono una sorte non dissimile. Questa volta però non in un ambiente al limite del surreale, ma in una situazione totalmente ordinaria: la cabina di un bancomat.
Ed è proprio questa originale location ad attirare l’attenzione dello spettatore: un bancomat isolato in piazzale deserto, buio. E di fronte, lui, l’uomo dal volto sconosciuto. Cosa vorrà? E soprattutto, cosa farà? Lo stimolo, certo, è notevole.
Il flashforward iniziale alternato alla diegesi presente ci fa entrare nella duplice visione di una metropoli dai tipici lineamenti americani: di giorno il tran tran quotidiano, il traffico, il lavoro; di notte il suo lato oscuro, le morti, il male.
Alle parole “Cerchiamo un bancomat” il pubblico sa già cosa aspettarsi: la tensione comincia a salire, aiutata da interessanti soggettive e da una colonna sonora decisamente indovinata. Ma ecco che, nel momento in cui ci si aspetta lo scatto finale, inciampa nelle tristi banalità degli horror di medio livello: assurdi svolgimenti narrativi, dialoghi al limite del ridicolo, finale da manuale. Sono proprio questi elementi che bloccano costantemente il genere in una sorta di status quo, in cui lo scarto, la cosiddetta “chiave di volta”, non avviene mai.
Interessante comunque notare come il “cinema della claustrofobia” sia in continua espansione (solo nell’ultimo quinquennio ricordiamo: The Descent, 2007; Quarantine, 2008; The Hole, 2010). Inevitabile non innalzarlo a specchio della società attuale: una società da cui ci si sente soffocati; una società sadica che interpreta il ruolo di voyer, mentre la crisi sta schiacciando il popolo; una società in cui non ci si sente protetti. Anzi sono proprio quelli incaricati di farlo che, accecati dalle apparenze, ci voltano le spalle.