Vivere è/e immaginare
Un film come In questo angolo di mondo, se fosse stato girato mezzo secolo fa, in bianco e nero e con attori in carne ed ossa, oggi potrebbe stare nel novero dei capolavori d’oriente, tra quelle opere che hanno ridefinito e ampliato il concetto di classicità nel cinema.
Come in tanto altro cinema giapponese di oggi rifarsi, per stile e temi, a quel modo di mettere in scena drammi interiori e collettivi, vuol dire trarre vigore da una radice ancora fecondissima, piena di calore umano, dispensato senza timore o riverenza alcuna, bensì con una naturalezza così vitale e così sincera da sorprendere ad ogni suo frutto. Katabuchi, al suo secondo lungometraggio d’animazione, narra la storia di Suzu, una piccola donna infaticabile e impacciata, piena di dolcezza e amante delle cose ordinarie. Il suo personaggio è delineato a scansioni temporali brevi e dense, sin dall’infanzia. Le didascalie segnano il passare degli anni, delle stagioni, dei mesi, finché nell’estate del 1945 – siamo nei dintorni di Hiroshima – la cronaca diviene quasi giornaliera. La vita di Suzu, in un “angolo di mondo” qualsiasi, cade sotto l’occhio (e sotto l’ombra) della storia mondiale; le colline che ha disegnato sin da piccola nei suoi ritratti e di cui conosce le erbe, i ritmi, la pigra e rasserenante ciclicità, diventano il centro di eventi, troppo grandi per la sua vita e per tutti gli esseri umani trascinati in quell’inferno di irresponsabilità. I bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki hanno cambiato il volto dell’Uomo e della società umana, così come stravolgono l’aspetto di Suzu, il sorriso che lei ha perso è la capacità stessa di sorridere che, nella seconda metà del Novecento, è diventata un lusso, un’abilità da conquistare o, al contrario, un’inabilità da esorcizzare, da cui distrarsi. Finita la guerra l’umiltà di Suzu diventa forza e voglia di riscatto e una bambina, rimasta orfana, riconosce in lei una madre, ricostituendo un nucleo familiare che è come un mattone di positività su cui tornare a immaginare una casa comune e una vita normale. È impressionante quanto Katabuchi sappia dosare sentimento e presentimento, alternando i ritmi e mai smorzando l’attenzione, la novità, in un film dalla durata non indifferente. La sua tavolozza di emozioni è vasta e capace di sottili gradazioni e sfumature, a dimostrazione – se ancora ce ne fosse bisogno – di quanto l’animazione possa raccontare di tutto e a qualsivoglia intensità. In questo angolo di mondo è innegabilmente intenso e innegabilmente creativo, in più sezioni il disegno da classico si fa astratto, impressionista: le abilità di disegnatrice e pittrice di Suzu diventano il filtro attraverso cui vediamo le cose accadere, con un’identificazione empatica che raramente si raggiunge in altre opere. I bombardamenti sono così macchie di colore sulla tela del cielo, la morte su una bomba inesplosa è un incubo per gessetti bianchi e la fame si sazia con disegni di gelati nella polvere: l’immaginazione sostituisce la vita, è la vita.
In questo angolo di mondo [Kono sekai no katasumi ni, Giappone 2016] REGIA Sunao Katabuchi.
SCENEGGIATURA Chie Uratani, Sunao Katabuchi. DISEGNO Hidenori Matsubara. MUSICHE Kotringo.
Animazione/Drammatico, durata 131 minuti.
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