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Giorni di un futuro passato
Da ventisette anni ormai noi sognatori-spettatori, vagabondeggiando di tulpa in tulpa nella loggia della serialità organizzata, non aspettavamo altro se non riconnetterci con l’universo lynchano sospeso tra sonno e veglia, follia e delirio. Il momento è arrivato e, per fortuna, non è ancora finito.
E così (non) termina l’odissea mistica a Twin Peaks, ma continua a propagarsi come un veleno inestinguibile, sotto forma di malefico flusso elettrico vagante di Cooper in Cooper, sbuffo vaporoso o un moltiplicarsi di bolle dorate e creature proteiformi. A dettare le regole del gioco e a strutturare i tasselli del mosaico onirico, come sempre, oggetti mediatori tra un mondo e l’altro, piste narrative che si inabissano nelle trame dell’inconscio, materia filosofica malleabile ad uso e consumo dell’escatologia popolare. È un delirio pop quello di Lynch, una convergenza dei due piani di visione – esoterico ed essoterico – che ripete, ventisette anni dopo, la più grande rivoluzione democratica della serialità televisiva. Tutti noi siamo infatti chiamati a raccolta per partecipare al rituale iniziatico in cui il demiurgo, all’apice del suo masochismo e in vetta ad una cosmica vanità, guarda se stesso e le sue ossessioni dall’alto del labirinto di visioni inesplicabili, guidando i suoi doppelgänger in un maelstrom infernale che ci risucchia disperdendoci, perché a noi comuni (spettatori) mortali non è dato sapere cosa celino i drappi rossi e le stanze sospese nei vaticinanti altrove. Così Lynch mette in atto l’affermazione del vuoto siderale trasferendolo in un pieno immaginario che, per contrasto, è concreto e riconoscibile: nelle sue proiezioni, negli slittamenti temporali, negli irraggiamenti narrativi che si intersecano ad un iconico simbolismo. Per comprendere il (non) senso della dispersione immaginativa basti pensare all’episodio 8, iniziato sulle famose e buie “strade perdute” e finito nell’incubo atomico del 1945; poco male se subito prima avevamo assistito ad una più classica e poco respingente detection, il linguaggio onirico non ha logica, soprattutto se anche i sognatori non sanno di esserlo. Nella prima stagione di Twin Peaks la presentazione del quadro scenico, con i suoi personaggi smisurati (non solo perché nani e giganti) calati nei non-luoghi catalizzatori, si realizza nello stesso istante in cui si produce lo straniamento puro che confonde i livelli del mondo fisico e di quello soprannaturale. Il lascito rivoluzionario dell’opera lynchana è dunque un contorto MacGuffin che asseconda e amplifica gli incubi autoreferenziali d’autore fino al doppio (non) finale – un preludio action e una recherche on the road dai contorni d’incubo – che ci riporta nell’oscurità di un futuro passato. Il fuoco cammina ancora. Ab aeterno.
Twin Peaks – Season 3 [Id., USA 2017] IDEATORE Mark Frost, David Lynch.
REGIA David Lynch.
CAST Kyle MacLachlan, Mädchen Amick, Dana Ashbrook, David Lynch, Grace Zabriskie, Laura Dern, Miguel Ferrer, Christa Bell, Naomi Watts.
Thriller/Horror, durata 60 minuti (episodio), stagione 3.
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