Un racconto a stelle e strisce
Fin dalla notte dei tempi della nostra prima infanzia (o almeno da quando è nata Italia 1), siamo sempre stati abituati a seguire le vicende di teenager e adolescenti in preda agli istinti più primitivi: talvolta più orientati all’esplorazione del proprio corpo, altre volte a quella del mondo esterno, i romanzi formativi portati sullo schermo si trascinano dietro un fardello di pregiudizi che fanno subito storcere un po’ il naso.
Come spesso succede, di fronte a tanta ostilità, lo sforzo per farsi accettare deve essere doppio e Loserville, purtroppo, non è uno di quei casi in cui l’operazione riesce. Soprattutto nella scrittura si fanno sentire tutti quegli elementi che rendono prevedibile, e a tratti pesante, la narrazione di una quotidianità divisa tra scuola, vita sociale e aspirazioni. Alcuni dettagli, come il costante inseguimento della popolarità e la volontà di farsi accettare per arrivare alla conquista della principessina del caso, enfatizzano questo lato infantile del film, che potrebbe quasi diventare rassicurante per una visione senza brutte sorprese. In questo senso, di sorprese non ne arrivano, neanche di belle. Si rimpiangono, in altre parole, i fasti demenziali di altre produzioni di inizio millennio e la stratificazione di altri racconti (Spring Breakers, tanto per citarne uno). Un dato peculiare di Loserville però si trova nell’uso della musica e nella colonna sonora complessiva, che rende accattivanti le immagini e dà ritmo alla narrazione. Quasi assente nei momenti di “vita vera”, i brani incalzano le sequenze oniriche, in cui Chuck, il protagonista, cerca un riscatto rispetto alla quotidianità da sfigato che conduce. L’uso non retorico della musica salva Loserville dal tracollo, mentre cerca di affrontare temi attuali e importanti, quali il bullismo e le sue conseguenze (finanche i tentati suicidi). Il riscatto di popolarità di Chuck, però non convince: la sua figura non è mai delineata in maniera empatica con gli spettatori, che quindi non si identificano in un ragazzo “normale”, ma non “sfigato” nel senso letterale delle definizioni. In questa ricerca di centralità perdono peso e consistenza le vicende degli altri personaggi, anche loro alle prese con i traumi che tutti i giorni costellano la loro vita scolastica. Proprio la realtà dei banchi di scuola regna sovrana nelle loro vite, dettando i ritmi delle giornate, ma non si abbandona mai una retorica che spesso si ripete e che spesso, come in questo caso, percorre dritta il corridoio degli armadietti liceali, che dagli occhi dello spettatore la trasportano nell’oblio in men che non si dica.
Loserville [id., USA 2016] REGIA Lovell Holder.
CAST Jonathan Lipnicki, Jamie-Lynn Sigler, Matt McGorry, Darby Stanchfield, Natalie Hall.
SCENEGGIATURA Pietro Tebaldo, Chris Bellant, Lovell Holder. FOTOGRAFIA Alan McIntyre Smith. MUSICHE Cormac Bluestone.
Commedia/Drammatico, durata 96 minuti.