SPECIALE JACK NICHOLSON
“Forget it, Jake. It’s Chinatown.”
Una truffa ben celata da omertà e corruzione, una femme fatale, un investigatore dal cranio duro che prenderà un sacco di botte e s’innamorerà senza ammetterlo. Chinatown è la quintessenza del cinema neo-hollywoodiano in costume che riprende l’hard boiled chandleriano.
Quando si devono elencare gli ultimi grandi film americani, si opera sovente un’omissione che esclude dalla “grandezza” tutti quei film sperimentali, giocosi e postmoderni, come quelli che negli anni Novanta hanno riempito i cinema, capitanati da Pulp Fiction. Il “grande cinema” non è mai, stando a questa classificazione molto popolare ma non per questo accettata, postmoderno ma racconta storie lineari, s’ispira ai grandi generi letterari o ai film dell’età dell’oro di Hollywood ed è opulento al punto giusto. Se I cancelli del cielo è spesso citato come l’ultimissima pellicola fatta di tale risma, Chinatown è invece l’esempio prediletto dai critici per indicare il neo-noir, un cinema hollywoodiano prodotto fuori dello studio system ormai scomparso in favore di produzioni più leggere. Siamo nel 1974 e il giovane Jack Nicholson si è fatto largo spiccando in film dallo spirito libero, prima quelli di Monte Hellman e poi Easy Rider, fino a L’ultima Corvè di Hal Ashby. I riflettori sono puntati su di lui; è ora di inserirsi in una grossa produzione e dimostrare che egli può imitare Bogart, facendolo suo, in un film che omaggia i classici, diretto da un talentuoso regista europeo. È forse superfluo ricordare la celeberrima trama, che s’ispira a Chandler e ad alcuni fatti di cronaca vera, o le tragiche vicende personali del regista Roman Polanski che lo hanno certamente ispirato a fare un film così crepuscolare. Basti dire che l’ardire di Jack Nicholson gli è valso la candidatura all’Oscar (con questa sono già quattro) e che se esiste una differenza tra la citazione e l’omaggio, allora Chinatown è un ottimo esempio di omaggio al passato che però sta in piedi da solo, esatto contrario del più recente cinema citazionista che funziona solo nelle menti di chi “coglie” e si fruisce intellettualmente. Ciò non significa che il film sia facile da seguire, al contrario, come nel miglior noir ci troveremo persi nella rete di rapporti illeciti e di sangue che confonde tanto noi quanto il detective protagonista (proprio come in Il grande sonno saremo costretti a memorizzare qualche nome per non perderci). Tale confusione proviene dal genere cui Chinatown fa riferimento e non preclude in alcun modo la visione a chi non ha familiarità con la letteratura noir o non ha mai guardato, per esempio, Il mistero del falco.
Chinatown [id., USA 1974] REGIA Roman Polanski.
CAST Jack Nicholson, Faye Dunaway, John Huston, Perry Lopez, John Hillerman.
SCENEGGIATURA Robert Towne, Roman Polanski. FOTOGRAFIA John A. Alonzo. MUSICHE Jerry Goldsmith.
Noir, durata 130 minuti.