SPECIALE SOVRANI IN CRISI
Cogito ergo sum
Il pensiero filosofico, il linguaggio composito tra alterco, burla e autoironico solipsismo, la parodia della parodia, lo slapstick anti-totalitaristico e le sedute psicanalitiche, l’amore nevrotico e le sociopatie della vita quotidiana. Tutto questo e molto di più sarà Woody Allen, parte di tutto ciò è già Il dittatore dello stato libero di Bananas, film che mette a nudo l’ingranaggio comico del grande autore newyorchese.
Fielding Mellish, collaudatore industriale bistrattato dai genitori e scaricato dall’attivista sociale Nancy, si trova suo malgrado a fare il rivoluzionario nella sconquassata realtà politica della repubblica di Bananas. Fatto presidente dai locali, vivrà colpi di stato e guerriglie finché, una volta tornato negli States sotto copertura, sarà arrestato e processato. Il fatto in sé oggettivo che il film di Allen sia un patchwork di gag sul filo di uno humour anarcoide-insurrezionalista, non nega affatto la struttura coerente dell’opera, dinamica nel racconto e raccordata da leitmotiv musicali che accompagneranno i modelli delle sue comiche fino all’esilarante affresco ucronico di Amore e guerra. La pellicola opera continui transfert tra il mondo popolare e una cultura alt(r)a, producendo quella che potremmo definire distorsione del senso comune, qui anche in senso puramente fisico, in relazione alle acrobazie dell’eroe per caso contro il sistema totalitario. Come poi in quasi tutti i film di Woody Allen, la realtà vissuta sullo schermo viene ricomposta e decostruita attraverso l’ego smisurato di un professionista del libero pensiero e dell’azione comica che mette alla berlina i luoghi comuni sul potere costituito, sul libero arbitrio e sulle dittature parlando, tra le altre cose, di termocoperte killer, genitori castranti (gli stessi nascosti dietro le maschere di Groucho Marx in Prendi i soldi e scappa) e stampe pornografiche in braille opportunamente stropicciate nelle parti sconce. Insomma, è il non-sense esistenzialista che incontra la surrealtà del campo bellico e quello delle istituzioni giudiziarie. È infatti in un’aula di tribunale che avviene la scena-assolo più rappresentativa del film e del narcisismo spudorato del protagonista: l’auto-difesa di Fielding che assume di volta in volta la veste di pubblica accusa e accusato. In questo senso dunque Il dittatore dello stato libero di Bananas diventa una parabola fanta-politica, poiché l’“alieno” Allen utilizza codici linguistici e gestuali suoi propri, all’interno di un burlesque che, in un gap assoluto tra ambiente metropolitano e isolano, deve necessariamente fare i conti con un uomo solo al comando: Mellish-Allen, naturalmente.
Il dittatore dello stato libero di Bananas [Bananas, USA 1971] REGIA Woody Allen.
CAST Woody Allen, Louise Lasser, Carlos Montalbán, Sylvester Stallone.
SCENEGGIATURA Woody Allen, Mickey Rose. FOTOGRAFIA Andrew M. Costikyan. MUSICHE Marvin Hamlisch.
Commedia, durata 82 minuti.