Danziamo sul mistero
Lanciata da Netflix alla fine del 2016, The OA ha rappresentato per molti un vero e proprio rompicapo, non soltanto per la sua stratificata struttura narrativa, talvolta pericolosamente orientata a provocare la proverbiale sospensione di incredulità dello spettatore, ma soprattutto per la sua essenza leggera e sfuggente, immune a qualsiasi tentativo di sistematizzazione nel panorama della serialità televisiva statunitense.
Il progetto, curato a quattro mani da Brit Marling e Zal Batmanglij, già sodali per i film Sound of My Voice e The East (mentre la prima si distingueva anche nei film di Mike Cahill Another Earth e I Origins), racconta del ritorno a casa della trentenne americana Prairie Johnson, scomparsa e data per morta dopo che, sette anni prima, era fuggita dalla comunità di provincia dove era cresciuta. Cieca da quando i genitori adottivi l’avevano presa con sé, Prairie non solo dimostra di aver perfettamente riacquisito il dono della vista, ma non è disposta a rivelare alcunché di quanto le è accaduto. Tra inquieti sospetti e fondati timori intorno al miracolo che avvolge la sua identità, la giovane elegge cinque persone della cittadina, accomunate da una forte necessità di superamento di una condizione di dolore, per rievocare la sua storia e affidare loro un compito che ha a che fare con la fede in un destino superiore. Impossibile riassumere la trama della prima, discussa stagione, che si muove con doppiezza sia lungo la linea del tempo (al presente si alterna un lunghissimo e misterioso flashback), sia sul piano della fondatezza del racconto, minata a più riprese per alimentare i dubbi sulla salute mentale della protagonista. È una buona serie televisiva The OA? Probabilmente non del tutto. Quello che importa non è giudicarne l’esito, quanto piuttosto l’irresistibile obliquità, unica a partire dalla durata arbitrariamente variabile dei singoli episodi, vicina per così dire alla ricezione dei capitoli di un romanzo piuttosto che di un format audiovisivo standardizzato. Incerta nella messinscena, decisamente inferiore alla media quanto a verosimiglianza recitativa, The OA è un oggetto filmico non meglio identificato che, partendo dal pretesto di sondare il mistero delle esperienze pre-morte, finisce per minare ogni certezza sull’idea stessa di una “buona” formula creativa: è così che, sul margine del paradosso, il racconto arriva perfino a costruire una coreografia di (video)danza, rituale liberatorio e catartico che ammicca al fumetto e allo spettatore lascia un indescrivibile, esotico piacere: quello di iniziare a credere in qualcosa che prima riteneva assurdo.
The OA [id., USA 2016] IDEATORI Brit Marling, Zal Batmanglij.
CAST Brit Marling, Emory Cohen, Scott Wilson, Phyllis Smith, Alice Krige, Patrick Gibson.
Drammatico/Fantascienza, durata 30-60 minuti (episodio), stagione 1.