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I colori della passione

lunedì 2 Aprile, 2012 | di Filippo Zoratti
I colori della passione
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Un giorno di ordinario dolore
Immaginiamo di percorrere i lunghi corridoi di un museo, o di una galleria d’Arte. Immaginiamo di soffermarci ad osservare i particolari delle opere, immersi nel silenzio ossequioso/concentrato/annoiato degli astanti. Poi qualcosa in noi scatta, e d’improvviso cambiano le prospettive.

Colpiti dal senso profondo di una tela ci perdiamo in essa, anzi ne veniamo letteralmente travolti; trascendiamo le immagini e i soggetti, “entrando” nel quadro. La chiamano sindrome di Stendhal, fenomeno che associa episodi di tachicardia ad un mix di vertigini e allucinazioni. Stendhal, uscendo dalla basilica di Santa Croce parlò di “un livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle Arti ed i sentimenti appassionati”. THE_MILL_THE_CROSSL’operazione voluta dal regista e sceneggiatore (suo lo script di Basquiat) Lech Majewski non è semplicemente la storia di un caso di questa patologia, ma si fa essa stessa sindrome: I colori della passione – passato al Sundance, a Rotterdam, a Tokyo e premiato all’Umbria International Film Fest – è una enorme sindrome di Stendhal collettiva. Il soggetto è La Salita al Calvario di Pieter Bruegel il Vecchio, affresco che descrive la Passione di Cristo durante l’occupazione spagnola delle Fiandre nel 1564. Attraverso l’utilizzo di tecniche miste fra cui blue screen, 3d e scene filmate, Majewski anima un fondale dipinto articolato, popolato da centinaia di figure. Ciò che funziona fin dai primi minuti è lo straniamento, il cortocircuito causato dall’uso innovativo del linguaggio cinematografico digitale. Majewski immagina le vicende dei personaggi – il ragazzo picchiato morente sulla ruota di tortura, la madre che cerca di domare una mandria di ragazzini indisciplinati, il mugnaio visto come sorta di personificazione di Dio – inseguendo la coralità panoramica propria del quadro, dove l’individuo è solo un singolo membro di una moltitudine caotica. Rimanendo fedele al volere originale del pittore Bruegel, l’autore tesse un arazzo digitale terreno e quotidiano, in cui la simbologia è funzionale al disegno di un giorno di ordinario dolore. Ci sono l’albero rigoglioso a sinistra e il palo per la tortura a destra, emblemi di Vita e Morte, mentre nel centro campeggiano il mulino e la croce. Ed è proprio lì, in mezzo ai due simboli fondamentali della composizione (come sottolinea il titolo internazionale del film, The Mill and the Cross) che ci ritroviamo noi spettatori, indubbiamente affascinati da un progetto così ambizioso ma al contempo bloccati dalla sua ovvia staticità e dal rischio didattico/didascalico tipico di una – pur ottima – lezione di Storia dell’Arte.

I colori della passione [The Mill and the Cross, Svezia/Polonia 2011] REGIA Lech Majewski.
CAST Rutger Hauer, Charlotte Rampling, Michael York, Joanna Litwin.
SCENEGGIATURA Lech Majewski, Michael Francis Gibson. FOTOGRAFIA Lech Majewski, Adam Sikora. MUSICHE Lech Majewski, Józef Skrzek.
Drammatico, durata 96 minuti.

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