SPECIALE CLASSICI DISNEY
Il fascino discreto dell’aristocrazia
Il ventesimo Classico Disney è la storia dell’aristocrazia parigina che scopre il jazz e si mischia, per necessità, alla cultura della strada e dei jazz club.
Intaccare l’immagine dell’aristocrazia è fin troppo facile e lo era già nel 1970; il film, se vogliamo, è in ritardo di qualche secolo nel suo intento e non risulta in alcun modo dissacrante. Il vero pregio de Gli Aristogatti è, però, quello di riuscire a raccontare una trasformazione senza ricorrere allo sfottò, anzi. Duchessa e la sua padrona (probabilmente entrambe vedove) sono due rari esempi di charme e di classe alta buona che, seppure sia chiusa nella sua bolla di privilegi, si approccia alle fasce più povere senza pregiudizi e vi si mischia anche volentieri, fino a un certo punto. Gli Aristogatti, insomma, non è il clone disneyano di Accadde una notte, e meno male perché ci risparmia la solita tiritera dell’aristocratica viziata che si scontra col mondo al di fuori della propria villa. Quando Duchessa e i suoi cuccioli sono allontanati da casa dal perfido maggiordomo, si fanno aiutare da Romeo “er mejo del Colosseo”, un gatto randagio rozzo ed esuberante, per il quale provano immediatamente simpatia e attrazione. Il film segue il solco già tracciato da Lilli e il vagabondo e La carica dei 101, non solo perché parla di animali da compagnia che devono tornare a casa ma anche per quanto riguarda le leggi del suo universo narrativo: gli animali sono intelligenti ma sono gli esseri umani a comandare e il male è sempre scatenato da questi ultimi. È un film dalla storia prevedibile, che gioca su opposizioni facili, ma sono i particolari a renderlo memorabile. Chiunque guardi Gli Aristogatti ricorderà lo zio Reginaldo, le lunghe scene di comicità slapstick in cui Edgar fugge dai due cani, Lafayette e Napoleone, e l’ottima colonna sonora dalle sonorità jazz che raggiunge l’apice nel pezzo musicale dei gatti randagi. Poco importa, quindi, che il gioco di parole che sembrerebbe dare origine all’intero film – Aristoc(r)Ats – abbia senso solo nei Paesi anglofoni, perché la comicità rimane intatta e lo stesso vale per il messaggio di contaminazione tra le classi sociali e le forme d’arte. Al di là delle canzoni – che in Italia sono sempre adattate in modo eccellente – il doppiaggio italiano regala delle perle, come l’idea di far diventare romano Romeo (O’Malley in originale), ma rende peggiori gli accenti stranieri. Purtroppo, lo splendido accento francese di Duchessa è perduto nella versione nostrana e quello inglese delle sorelle oche diviene molto più caricaturale.
Gli Aristogatti [The AristoCats, USA 1970] REGIA Wolfgang Reitherman.
CAST (DOPPIATORI ORIGINALI) Phil Harris, Eva Gabor, Sterling Holloway, Scatman Crothers.
CAST (DOPPIATORI ITALIANI) Renzo Montagnani, Melina Martello, Oreste Lionello, Corrado Gaipa.
SCENEGGIATURA Larry Clemmons, Vance Gerry, Ken Anderson, Frank Thomas, Eric Cleworth, Julius Svendsen, Ralph Wright. MONTAGGIO Tom Acosta. MUSICHE George Bruns.
Animazione, durata 78 minuti.