Violenza contro violenza
Cultura fallocentrica (il manganello come membro sessuale maschile), maschilista e con il culto del corpo, non solo in termini muscolari ma anche come luogo della più palese espressione di sé (la croce celtica tatuata sulla schiena del celerino Cobra), sono gli elementi che in ACAB vengono scelti per rappresentare lo squarcio di società messo al centro della pellicola.
L’impugnare il manganello, come vediamo a più riprese durante il film, diventa il più chiaro simbolo della necessità di esibire la propria mascolinità con unico obbiettivo l’incutere timore a chi sta di fronte; uno scontro tra uomini dove alle donne viene relegato solo il ruolo di comparse se non di veri e propri ostacoli. Una dimostrazione del proprio machismo priva di ogni tendenza omosessuale (siamo all’interno della più convinta cultura fascista), e qui appunto il legame di fratellanza che viene instaurato dai quattro protagonisti risponde al bisogno di unione e massa comandata (come le formazioni usate dalle guardie durante gli scontri) propria della cultura di estrema destra, mostra una continua e inalterabile erezione (il manganello appunto come rappresentante della propria rocciosa consistenza maschile e fisica).
Ad esser assenti sono le figure paterne, chiudendo di fatto le gerarchie e i doveri solo all’interno delle strutture istituzionali, ma con il riconoscimento del ruolo di “fratelli”, privi di genitori o di qualunque relazione sanguigna, ma con unico scopo quello di una definizione identitaria. Oltre a ciò, a mancare, è la penetrazione, possibile sintomo di un cedimento della propria immutabile virilità, e causa della costante eccitazione (non strettamente sessuale ma prima di tutto mentale) che porta a quel caos collettivo che ACAB rappresenta. Non ci sono più scontri ideologici (non più rossi contro neri ma fascisti contro altri fascisti) e le differenze razziali più che cause di contrasti sono risposte ad un banale concetto: la violenza genera altra violenza, ma dove quest’ultima nasce prima di tutto dal singolo individuo (il motivetto cantato svariate volte da Cobra: “Celerino figlio di puttana”, non è altro che un modo per provocare e motivare a se stesso la violenza che ogni giorno mette in atto).
Forse ci voleva veramente un film di genere duro e puro per riuscire a cogliere quel caos civile che oggi sta governando il nostro Paese (difficile da osservare e ancor di più da descrivere) e dove a prevalere è l’immagine di una guerra tra deboli, nella quale la lontananza politico-istituzionale diventa elemento essenziale di quel degrado umano capace di portare all’anarchia culturale che progressivamente scava l’animo umano lasciandolo sempre più indifferente, e dove per redimere la proprio corpo è necessario diventare vittime del più infame degli assalti.