Non fosse una tragedia immane, ci sarebbe da ridere. Purtroppo rimangono solamente le lacrime e l’ennesima prova di demenza nazionale. Come ci suggerisce l’amico e collega Claudio Bisoni, nella nostra parodia del Titanic l’errore umano è provocato dal maranza di turno che invece di strombazzare al semaforo per salutare l’amico in Porsche, fa il gallo con una nave da mezzo chilometro a un pelo dalla riva.
Non sarà un caso se il tragicomico è il timbro principale della commedia all’italiana. Al momento di scrivere, ovviamente, tutto è ancora oscuro, le voci si rincorrono e magari si scoprirà che il comandante non aveva colpa e che queste sono tutte illazioni. Eppure la tentazione di una lettura in stile “identità nazionale” viene tutta. Anche se le cose non stessero come affermano gli inquirenti, infatti, rimane quell’immagine della Costa Concordia – non a caso ambientazione di uno degli ultimi cinepanettoni – mestamente incagliata, con il suo carico di morti e dispersi. Le immagini dei videofonini, rilanciate da Youreporter (su cui un giorno bisognerà fare una seria analisi), sono drammaticamente simili ai tanti film navali catastrofici che abbiamo visto, con la gente che cammina obliqua e i fiotti d’acqua che inondano la sala ristorante. Si può solo immaginare la paura e l’ansia di chi stava sopra quella gigantesca bara galleggiante, con un pensiero proprio a ciò che i passeggeri avevano imparato dal grande e piccolo schermo. E chissà se qualcuno ha riflettuto – visto che i media non lo hanno fatto – su quello che avviene in ben più modeste barchette, piene di derelitti senza volto e senza nome, che si rovesciano nel Mediterraneo mietendo vittime anonime mentre noi legittimamente ci mettiamo nei panni dei turisti di oggi. Eppure, nel nostro caso, non esiste nemmeno la magra consolazione di aver dato vita a un simbolo del progresso infranto o dell’immaginario contemporaneo: solo una triste storia di casa nostra, dove cialtronaggine fa rima con lutto.