VENEZIA CLASSICI
Per un pugno di franchi
Due ragazzini riescono a spacciare ad un fotografo una banconota falsa da 500 franchi. Il fotografo la usa per pagare Yvon, un onesto operaio che aveva appena terminato un carico di gasolio da riscaldamento. Yvon usa la banconota per pagare un cognac al bar, viene scoperto e arrestato. Durante i tre anni di carcere sua figlia muore, la moglie lo lascia e una volta uscito compie un omicidio insensato.
L’umanità è disperata, non c’è posto per una dimensione spiriturale, il denaro è l’unico dio e nessuno può sfuggire al suo culto. L’ultimo film di Bresson, sei anni dopo Il diavolo probabilmente… anticipa il silenzio di 16 anni dentro cui regista francese si trincera prima di morire. Segno che con L’Argent aveva intenzione di mettere un punto, definitivo, sulla sua ricerca antropologica iniziata come regista nel 1943 e come sceneggiatore già dieci anni prima. Talmente netta è la sua idea di un mondo naufragato, e senza coste in vista, che sceglie di ancorare la macchina da presa al terreno, in modo che il suo peso granitico riporti tutto il carico della narrazione sulle spalle delle immagini. Basta un gesto, un frame: la mano di Yvon che afferra il bavero della camicia del cameriere, che lo accusa di essere un falsario, per poi scaraventarlo a terra, un’ascia che si abbatte sulle povere vittime fuori campo, la macchina che riparte dopo una rapina andata male, una lettera che riporta terribili notizie. Ognuna, nella sua apparente impassibilità, incatena lo spettatore, negandogli vie di fuga, scenari lontani o anche solo il sollievo momentaneo di un amore finalmente ritrovato, come accade nel finale di Pickpocket. A confronto del nichilismo con cui il regista accompagna, in ogni momento, la parabola del povero operaio beffato da una banconota, l’asino di Au hasard Balthazar si può dire fortunato di aver trovato almeno una casa, il circo. Dal racconto di Tolstoj Denaro falso, a cui si ispira liberamente, prende sia l’idea di una scintilla banale che innesca una serie infinita di eventi traumatici sia la critica feroce del denaro, strumento dal valore arbitrario, in mano ai potenti, capace di modificare la realtà e il corso della Storia. Ma lo sguardo impietoso su di una vita distrutta, per gioco e per cattiveria, è tutto di Bresson; è la firma in calce al suo testamento nel quale lascia tutto il suo pessimismo al pubblico, sperando che ne faccia buon uso.
L’Argent [Id., Francia/Svizzera 1983] REGIA Robert Bresson.
CAST Christian Patey, Caroline Lang, François-Marie Banier, Pierre Tessier.
SCENEGGIATURA Robert Bresson (tratta dal racconto Denaro falso di Lev Tolstoj). FOTOGRAFIA Pasqualino De Santis, Emmanuel Machuel. MONTAGGIO Jean-François Naudon.
Drammatico, durata 85 minuti.