SPECIALE JACQUES TATI
Tutti al mare!
Che la comicità nasca anche e soprattutto dall’inserimento di un elemento più o meno consapevolmente caotico e destabilizzante rispetto al contesto è cosa nota e risaputa; è un fondamento “filosofico” dell’atto comico che, nel cinema, risuona con chiarezza fin dai tempi dell’aggressivo Chaplin e dell’aggressivo passivo Keaton.
Logico quindi pensare che anche il cinema comico abbia avuto un’evoluzione, nel decennio in cui la settima arte inizia a porsi con maggiore chiarezza e consapevolezza come voce critica della società e della modernità stessa, allo stesso tempo compiendo un processo di modernizzazione. Processo rappresentato soprattutto da Jacques Tati, il quale, come fatto ben notare da Francesco Grieco proprio nelle pagine di questa rivista, accompagna il cinema comico verso l’età adulta. Fondamentale diventa, da questo punto di vista, il suo secondo film, Le vacanze di Monsieur Hulot: se infatti il pur ottimo, delizioso ed esilarante Giorno di festa (1949) era sotto certi aspetti più “classico”, l’opus n.2 dell’autore francese delinea in maniera definitiva la sua poetica e la modernità della stessa, consolidando un processo che troverà il suo compimento artistico e ideologico nei capolavori Mon oncle (1958) e soprattutto Playtime (1967). La gentile quanto destabilizzante irruzione di Monsieur Hulot nella comunità di vacanzieri, costituita da individui che rappresentano con più che discreta completezza la classe media francese (dall’imprenditore rampante sommerso di telefonate all’intellettuale marxista più interessato a considerare le ragazze come possibili proselite che come possibili prede, fino alla borghesia compassata e affezionata ai suoi riti), rimane legata agli schemi della tradizione comica muta, evolvendola però in maniera inedita e decisiva. Si veda come l’autore perfeziona l’uso del sonoro: dialoghi sì ridotti all’osso, ma rumori, mugugni, gramelot e musiche costanti e fondamentali nel creare lo straniante effetto comico. Allo stesso tempo diventano decisive le scelte stilistiche: il montaggio essenziale, l’utilizzo dell’intero spazio dell’inquadratura e della sua profondità e soprattutto i predominanti campi medi e lunghi che da un lato delineano con precisione l’ambiente sociale e dall’altro esaltano sia Hulot come elemento fondamentale del contesto, sia la sua estraneità. Un’opera quindi già modernissima, che sembra anticipare certi aspetti della Nouvelle Vague che sarebbe esplosa pochi anni dopo. Modernità del resto confermata dal fatto che sul turismo di massa di cui l’allegra e variegata brigata è simbolo aleggia uno dei demoni preferiti dal cinema degli anni immediatamente successivi: l’incomunicabilità, resa con la grazia esilarante e malinconica di un poeta della comicità.
Le vacanze di Monsieur Hulot [Les vacances de Monsieur Hulot, Francia 1953] REGIA Jacques Tati.
CAST Jacques Tati, Nathalie Pascaud, Raymond Carl, Valentina Camax, Luis Perrault.
SCENEGGIATURA Jacques Tati, Henry Marquet, Pierre Aubert, Jacques Lagrange.
FOTOGRAFIA Jacques Mercanton, Jean Mousselle. MUSICHE Alain Romains.
Comico, durata 96 minuti.