69° Festival de Cannes, 11 – 22 maggio 2016, Cannes
Un labirinto di specchi
Pablo Neruda ispira le masse con la sua poesia, spingendo le persone a lottare per i propri diritti e la propria identità. Ma il rapporto tra il partito comunista, il poeta e il governo cileno è, al solito, quanto mai controverso e un poliziotto viene messo alle calcagna del Senator Neruda per arrestarlo.
Gioca tanto Pablo Larraín, fin quasi a realizzare un divertissement cinematografico con Neruda, film-intreccio di generi e storie. Dal polar al melò, passando per Hitchcock, il western e la commedia en travesti, il regista costruisce una sinfonia di contrappunti da cui a emergere nel corso del tempo non è lo scrittore che dà il titolo al film, quanto la sua nemesi, probabile proiezione di un sé letterario. Circondati da luci caravaggesche e donne mansuete, i due protagonisti sono uomini che si alternano l’un l’altro a cavallo tra realtà e finzione, tra persona e personaggio, in una caccia all’uomo che talvolta perde le redini, sfilacciando il ritmo filmico e perdendosi tra le pieghe di un discorso metacinematografico pervasivo. Se è per questo difficile una reale penetrazione delle immagini, è invece impossibile ignorare l’afflato lirico che permea lo schermo, in un percorso fluido che passa dai libri alla parola (quei dialoghi ellittici e sconnessi) alla costruzione intima dei personaggi. Il dialogo tra nemici è presto instaurato: dopo poche sequenze in cui si alternano diverse entità nell’opposizione a Neruda, è il poliziotto Pelouchonneau (dall’identità confusa quanto la grafia e la pronuncia del cognome) ad affermarsi come inseguitore finale, come il riflesso stesso del poeta da sconfiggere e come specchio lirico ultimo. I protagonisti si riflettono così l’uno nell’altro, pur senza mai incontrarsi, avvicinandosi sempre di più, lasciando che le rispettive auree vengano poco a poco assorbite dalla controparte. La mano di Larraín alla regia è ben evidente e guida i due interpreti (Luis Gnecco e Gael García Bernal, qui quasi caratteristi) che sono completamente posti al servizio di quella costruzione intellettuale che sostiene l’intera opera. Senza preoccuparsi di una ricostruzione storica esatta o troppo coerente, Neruda resta, al netto degli aspetti meno riusciti (quelli ritmici e tensivi, appunto), un’eccellente prova di bravura, un discorso filmico e poetico, che ha trovato due validi interpreti e/o personaggi a portarlo a un altissimo livello. Presentato alla “Quinzaine des Réalisateurs” del Festival di Cannes 2016 e tra i film più attesi dell’anno, Neruda probabilmente non provocherà nessuna sindrome di Stendhal, ma sicuramente intratterrà il pubblico con sguardi divertiti e appassionati.
Neruda [id., Argentina/Cile/Spagna/Francia 2016] REGIA Pablo Larraín.
CAST Luis Gnecco, Gael García Bernal, Mercedes Morán, Alfredo Castro.
SCENEGGIATURA Guillermo Calderón. FOTOGRAFIA Sergio Armstrong. MUSICHE Federico Jusid.
Drammatico, durata 107 minuti.
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