18° Far East Film Festival, 22 – 30 aprile 2016, Udine
An emotional chain reaction
Okita Shuichi sta iniziando a diventare un nome familiare per il pubblico del Far East Film Festival. Nel corso delle ultime quattro edizioni ben tre suoi film hanno fatto parte del concorso ufficiale e, pur non portando a casa alcun Gelso d’Oro o premio di altro tipo, hanno lasciato un segno indelebile nella memoria del FEFF.
In origine fu The Woodsman and the Rain, stralunato film nel film che affrontava in realtà una burrascosa relazione padre-figlio; poi venne A Story of Yonosuke (lo diciamo: una delle migliori proposte di questi primi 18 anni di festival?), che con il suo bizzarro registro comico-nostalgico nascondeva una profonda riflessione sull’accettazione della morte. Ultimo, Ecotherapy Getaway Holiday, opera minore incentrata sui valori dell’amicizia attraversata da un lieve umorismo in punta di piedi. Tre film, e una poetica divenuta ormai ampiamente riconoscibile: Okita – anche sceneggiatore – abbozza nei suoi lavori uno spunto stralunato, anomalo, che gioca con le tonalità della commedia e pian piano apre alla tenerezza, ad una morale umana unanimemente condivisibile. Sembra poco, ma poco non è, soprattutto quando si parla dell’apparente incomunicabilità dei prodotti asiatici per incontrovertibili questioni “culturali”: le tre pellicole sopraccitate sottolineano invece come a contare (e a mancare, spesso) più di tutto sia la capacità di scrittura, il tratteggio di personaggi a tutto tondo che vadano oltre alla stanca ripetizione delle figurine bidimensionali da attaccare sullo sfondo. Mohican Comes Home ne è l’ennesima dimostrazione: i caratteri del lavativo rocker “di ritorno”, del padre severo in difficoltà e della ragazza incinta che si sente “poco intelligente” restano attaccati alla pelle, prendono forma sequenza dopo sequenza in modo del tutto naturale. Ogni fotogramma di Mohican – storia di un giovane che dopo aver tentato per 7 anni di sfondare come cantante a Tokyo torna nel paese natìo, a Hiroshima, con fidanzata al seguito – trasuda empatia e condivisione, sfiorando la poesia (ma fuggendone poi subito dopo, a Okita le convenzioni non piacciono) in svariati momenti: su tutti la scena della scelta della pizza, nata come gioco fra un genitore e un figlio e conclusasi come simbolico “passaggio di consegne” e di responsabilità, e l’organizzazione del frettoloso matrimonio, con le sue tragicomiche conseguenze. Se l’anno scorso abbiamo forse faticato a comprendere il motto scelto dal festival udinese, “the emotional chain reaction”, è con opere di questo calibro che la definizione assume pienamente senso: senza urla né strepiti, ma con un’innata capacità di toccare le giuste corde attraverso vicende minimali e apparentemente insignificanti, è possibile scatenare un effetto domino emotivo persino intimo a cui non si può davvero resistere.
Mohican Comes Home [Mohican kokyo ni kaeru, Giappone 2016] REGIA Okita Shuichi.
CAST Ryuhei Matsuda, Akira Emoto, Yudai Chiba, Atsuko Maeda, Masako Motai.
SCENEGGIATURA Okita Shuichi. FOTOGRAFIA Ashizawa Akiko. MUSICHE Ikenaga Shoji.
Commedia/Drammatico, durata 125 minuti.