A Natale puoi fare quello che non puoi fare mai
“Mamma, son tanto felice perché ritorno da te/Mamma, solo per te la mia canzone vola/Mamma, sarai con me, tu non sarai più sola”. Mai canzone fu più sbagliata. Così cantano Lina, Milena, Alessandro e Alfredo – i quattro figli di Trieste e Saverio – alla loro infaticabile madre, che li ospita e li sfama nella notte più magica e più lunga dell’anno.
Confidenze, partite a carte, ricordi di famiglia, amore incondizionato per i genitori si sprecano fino a quando mamma Trieste, con un nodo alla gola, tra le lacrime, confida ai figli la paura sua e del marito: restare soli e senza l’amore dei figli. Vivere con loro, questa sarebbe la soluzione. Ai quattro la scelta. Sulla faccia dei familiari il terrore: ognuno ha la propria vita, il proprio equilibrio da difendere. Questa è la storia di Parenti serpenti, del grande Mario Monicelli. Il regista ci racconta con acume cinico una famiglia italiana che, senza falsi buonismi, si presenta per quello che è; ovviamente i toni monicelliani sono quelli dell’umorismo nero, feroce, che non fa sconti, senza pietà. Non tutte le famiglie sono felici, non tutti i componenti si amano: nelle famiglie ci si tradisce, si mente e alle volte ci si odia. Nella prima parte del film si semina ciò che poi esploderà nella seconda: dissapori, antipatie, invidie, segreti e bugie. La famiglia viene sventrata e così si notano le muffe, le macchie, i fori dei tarli, tutte le imperfezioni che le mura gelosamente nascondevano. L’anziano genitore, sulla strada della demenza senile, non viene rappresentato con finta pietà ma con spirito caustico, rivendicando una sorta di genialità nella “malattia”; la sensibilissima Milena non può avere figli, ma da figlia non intende sacrificarsi per i propri genitori; il premuroso e mammone Alfredo, fin da bambino amante delle Kessler, nasconde alla famiglia la sua omosessualità per poi tirarla in ballo per giustificare la sua non disponibilità a curare “i due vecchi”; la nevrotica e agitatissima Lina ha sempre aiutato i genitori e proprio per questo non intende più farlo; infine Alessandro, figura praticamente inesistente, innamorato della forte e dolcemente autoritaria madre, e succube della moglie e femme fatale ruspante Gina. Nel frattempo si scoprono altarini e scheletri, gelosamente custoditi nell’armadio: baci clandestini, strusciamenti sotto i tavoli, giovani adolescenti che si mangiano “bomboloni” in bagno perché perennemente a dieta, riunioni di famiglia per decidere dove e a chi tocchi il “fardello”. Monicelli non risparmia nulla e nessuno, portando con sé un certo cinema italiano degli anni d’oro con l’indole e la cattiveria dissacrante di quel cattivo ragazzo che è sempre stato, ma, come avviene sempre per gli uomini di cultura, curiosi, lungimiranti e vitali, non si dimentica mai della Modernità, di attingere a quegli anni ’90, di Fantastico e della Bertè che rendono presente, viva e vibrante quella famiglia gretta, orribile, spassosa, piena di crepe e errori, più somigliante alla famiglia reale che a quella che farisaicamente si vuole rappresentare soprattutto in certe ricorrenze.
Parenti serpenti [Italia 1992] REGIA Mario Monicelli.
CAST Marina Confalone, Alessandro Haber, Cinzia Leone, Monica Scattini.
SCENEGGIATURA Carmine Amoroso, Suso Cecchi d’Amico, Piero De Bernardi, Mario Monicelli. FOTOGRAFIA Franco Di Giacomo. MUSICHE Adelio Cogliati.
Commedia/Drammatico/Grottesco, durata 105 minuti.
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