SPECIALE VIVERE E MORIRE A ROMA
“E l’ho lasciati senza il loro cadavere de drogato!”
Sono passati vent’anni da Accattone, Pasolini è morto da otto anni e Roma è scossa da un problema endemico: l’eroina. Claudio Caligari, il giovane documentarista settantasettino, guida un gruppetto di attori non professionisti, dirigendoli tra le spiagge sporche di Ostia e i vialoni assolati dei quartieri periferici capitolini.
L’idea è di raccontare (e non documentare, stavolta, anche se il film ha una vocazione neorealista) l’impatto della nuova sostanza stupefacente sulle celebri borgate romane. A tale scopo, Caligari scrive una sceneggiatura a quattro mani con Guido Blumir, sociologo esperto del problema, e fa recitare una comitiva di ragazzi con un passato di tossicodipendenza. Si vuole realizzare un film economico e credibile, che non banalizzi il problema dando soluzioni facili. Amore tossico racconta una storia ripetitiva perché l’unico scopo dei protagonisti è di raccogliere soldi e farsi una dose; poi si torna a cercare soldi, rapinando negozi o scippando signore. La vacuità circolare della vita è presentata con semplicità formale ma i tossicodipendenti di Amore tossico non sono quelli laconici di Il diavolo probabilmente, sono romani dalla scorza dura e la parolaccia facile, ed ecco che il dramma incontra il colore del dialetto, che stempera ben poco ma regala senza dubbio qualche momento di comicità amara e un gran numero di frasi citabili. Quello di Caligari è uno sguardo privo di speranza ma attento ai particolari della documentazione, dalle pratiche lisergiche alla verosimiglianza delle situazioni e della parlata. I protagonisti di Amore tossico perseguono il proprio scopo come cavalli da tiro che avanzano coi paraocchi, salvo in qualche improvviso momento epifanico in cui Cesare tenta un suicidio impossibile. Sono perfettamente consci di essere i rifiuti della società la cui vita non ha più alcun valore di mercato, non cercano di riabilitarsi né si “ravvedono” puntualmente quando la loro dipendenza porta alle inevitabili conseguenze tragiche. Sono già perduti e il loro destino è di morire nelle zone inedificate della periferia romana, possibilmente sotto il monumento a Pier Paolo Pasolini. Le morti non sono davvero drammatiche perché anche il trapasso di un amico, come tutte le altre tragedie umane, perde di importanza ed è posposto all’impellenza di farsi una dose. Lo stesso amore (tossico) non è più amore passionale, ma ricerca quel contatto umano che un tempo dava un senso alle cose ma oramai è diventato un’azione meccanica e alienante.
Amore tossico [Italia 1983] REGIA Claudio Caligari.
CAST Cesare Ferretti, Michela Mioni, Enzo Di Benedetto, Roberto Stani, Loredana Ferrara.
SCENEGGIATURA Guido Blumir, Claudio Caligari. FOTOGRAFIA Dario Di Palma. MUSICHE Detto Mariano.
Drammatico, durata 90 minuti.