Iris,mercoledì 21 dicembre, ore 21.05
La solitudine dell’uomo onesto
Interpretato da uno straordinario Al Pacino, Serpico è un poliziesco sui generis, lontano dall’ambigua, reazionaria brutalità di un Callaghan o del Braccio violento della legge. Contiene poche sequenze d’azione e inseguimento, invece è ricco di dialoghi, ma conserva un ritmo invidiabile, nonostante la lunga durata.
Raccontato quasi tutto in flashback, inizia con il protagonista ferito gravemente e trasportato in ospedale, ma mostra solo nel finale la dinamica della sparatoria, cioè chi ha colpito questo poliziotto odiato da tutti, che si oppone stoicamente alla corruzione dilagante tra le forze dell’ordine.
Girato in una New York tutt’altro che estetizzata, è, come altre due grandi pellicole, La parola ai giurati e Quel pomeriggio di un giorno da cani, un perfetto esempio del cinema claustrofobico di Lumet, gran direttore d’attori e, come Penn e Frankenheimer, tra gli altri, portatore nel cinema americano di un’ammirevole sobrietà di regia, dovuta alla gavetta in tv.
Con La parola ai giurati, Serpico ha in comune il tema della lotta di un uomo solo contro le contraddizioni del sistema e un certo spirito liberal di denuncia e di anticonformismo. Con Dog Day Afternoon, la febbrile interpretazione di Pacino, davvero eccezionale come antieroe tormentato.
Lo sviluppo narrativo del film prevede un graduale allontanamento di Serpico dal look degli altri poliziotti, parallelamente alla sua emarginazione, sempre più evidente. Da imberbe novellino, ingenuo e zelante, Pacino/Serpico si fa crescere prima i baffi e i capelli, poi il pizzetto e infine la barba, nonostante l’esplicita disapprovazione dei colleghi. Indossa anche un orecchino, anelli alle dita e vestiti da hippie, stravaganti e colorati. Viene abbandonato dalle sue donne e si ritrova, quindi, completamente isolato, se non fosse per la compagnia del suo cane.
La sua storia vera ben si presta ad essere raccontata in immagini nel periodo dello scandalo Watergate, che fa raffiorare tutta la paranoia americana e la diffusa sfiducia nelle istituzioni.
Così, si comprendono bene la disillusione del film, la sua malinconia, il suo punto di vista, manicheo e pessimista, su un microcosmo, quello della polizia newyorchese, che è pur sempre espressione dell’intera società, non fosse altro che per i suoi rapporti, piuttosto torbidi, con la politica.