Incompiutezza
In Matterhorn dell’olandese Diederik Ebbinge le evidenti zoppicature superano ben presto quelli che, soprattutto all’inizio, appaiono come altrettanto evidenti potenziali elementi di forza. Ne risulta così un film incompiuto e un po’ irrisolto, alla fin dei conti freddo e anonimo come l’ambiente sociale e culturale che rappresenta, pure un po’ indeciso sul tono da seguire, rimanendo sospeso in un’indefinita metà strada tra dramma intimista, grottesco (accennato qua e là) e commedia amara.
Così, le inquadrature estremamente geometriche e quadrate, illuminate da una fotografia limpidissima e quasi artificiosa, che all’inizio affascinano e rappresentano con efficacia l’anonimato freddo e conformista di un piccolo villaggio della campagna olandese, caratterizzato da case tutte uguali con giardini altrettanto uguali e popolato da una comunità non troppo lontana dall’estremismo religioso di stampo protestante, diventano presto una soluzione manierista che impedisce di andare fino in fondo alla sostanza del discorso. Ed è un peccato: non solo perché non vengono valorizzate appieno le ottime prove dei due protagonisti (René van’t Hof e Ton Kas), ma soprattutto perché la parte stilistica e registica non accompagna adeguatamente quelle che sono le interessanti scelte di sceneggiatura: quei, cioè, colpi di scena che fanno sì che Matterhorn superi i confini di un convenzionale film “gay-friendly”, strada che il film sembrava stesse percorrendo, diventando un più interessante racconto di formazione e di riscoperta di un nuovo e più vero sé. Spesso, nel cinema europeo – volendo seguire un luogo comune che come ogni luogo comune ha qualche fondamento di verità – si vedono film nei quali le imperfezioni a livello di sceneggiatura vengono risollevate dalla parte stilistica, cioè dalla capacità del dato autore di creare, proprio con lo stile, un mondo e un discorso autonomi e ben precisi. Qui avviene quasi il contrario: intelligenti ed efficaci soluzioni narrative il cui potenziale rimane inesploso a causa di scelte registiche inadeguate e stilizzanti. A poco servono la salita finale e i paesaggi mozzafiato (nonostante il regista dimostri di non avere ben chiaro in mente come è fatto uno stambecco) nei pressi del Monte Cervino (Matterhorn è proprio il nome tedesco della cima svizzera/valdostana) con cui il film si chiude.
Matterhorn [id., Olanda 2013] REGIA Diederik Ebbinge.
CAST René van’t Hof, Ton Kas, Ko Aerts, Kees Alberts, Lucas Dijker.
SCENEGGIATURA Diederik Ebbinge. FOTOGRAFIA Dennis Wielaert.
Drammatico/Commedia, durata 87 minuti.