SPECIALE CANNIBALI!
Quando il cinema è un cannibale
È assolutamente lecito ritenere che il cinema degli anni Ottanta di Peter Greenaway sia un cinema particolarmente altezzoso. Assai superbo e sprezzante e intriso di simbolismi e riferimenti colti (alle volte anche un po’ fini a se stessi) è soprattutto un cinema propriamente cannibalico perché si nutre di se stesso, di quello che produce (e ha prodotto) visivamente e concettualmente.
Forse è proprio per questo motivo che riusciamo a trovare ne Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante la sua esemplificazione definitiva. Il corpo dell’amante, cucinato da Richard, il cuoco de Le Hollandais, e servito forzatamente al ladro da sua moglie come punizione per le sue malefatte, rappresenta infatti perfettamente il corpo-cinema che ogni volta Greenaway serve al suo (sì, suo, perché in questo gioco perverso è come se cercasse di appropriarsene) spettatore cercando di fargli credere che sia una succulenta pietanza. Con questo non intendo dire che Greenaway abbia smerciato solo fuffa e che le sue produzioni siano oggetti sgargianti ma di poco valore. Al contrario mi pare di notare che l’accumulazione di rimandi a fonti pittoriche o teatrali, citate sempre in modo raffinato e funzionale anche se – devo ammetterlo – mai troppo coinvolgente, creino una materia decisamente cangiante; a seconda di come la si osservi, il senso muta. Ed è proprio questo il punto di tutta la questione: Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante è un’opera che va assimilata come se fosse un corpo da fagocitare. È senza dubbio quella la giusta prospettiva dalla quale osservarla. Perché è proprio nella sua corporalità, e in quella dei personaggi messi in scena, che organizza la sua grandezza. Come scriveva Domenico De Gaetano, che al regista inglese ha dedicato una interessantissima monografia, “I protagonisti del film sono infatti considerati non tanto dal punto di vista della loro personalità, ma per l’aspetto carnale dei loro corpi, la loro foggia, la mole che possiedono, il volume che occupano”. E più i volumi si gonfiano, più acquisiscono imponenza visiva e spaziale (più si gioca quindi sui piani medi e quelli americani piuttosto che su quelli lunghi), più ci viene voglia di “divorarli”. È cinema che cerca di sedurre i palati, che stimola l’appetito, che risveglia il cannibale cinefilo che è in noi. Che fa delle presenze fisiche sullo schermo qualcosa di sinesteticamente concreto, dimostrando come Greenaway sia stato non tanto un discreto narratore quanto un grande mostratore. Potere all’occhio, abbasso la parola. Ora e sempre, nei secoli dei secoli.
Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante [The Cook, the Thief, His Wife and Her Lover, Gran Bretagna/Francia 1989] REGIA Peter Greenaway.
CAST Richard Bohringer, Michael Gambon, Helen Mirren, Alan Howard, Tim Roth.
SCENEGGIATURA Peter Greenaway. FOTOGRAFIA Sacha Vierny. MUSICHE Michael Nyman.
Commedia/Drammatico, durata 124 minuti.