72a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, 2-12 settembre 2015, Lido di Venezia
FUORI CONCORSO
Libera mafia in libero stato
L’occhio spento, il viso di cemento; la stempiatura altissima, gli occhi freddi come il ghiaccio e la pancia prominente. James “Whitey” Bulger è un uomo che repelle, e che lascia intendere una backstory tormentata e poco rassicurante.
La storia vera è quella di un boss malavitoso di origini irlandesi attivo nella Boston degli anni ’70, che esce da Alcatraz dopo 10 anni di reclusione e non accenna ad abbandonare la “professione”, ma che al contrario rilancia fino alle estreme conseguenze. Il suo è un resoconto a ritroso, nel momento in cui i suoi vecchi collaboratori – scagnozzi di vario rango e livello, dal braccio destro al portaborse – vuotano il sacco di fronte all’FBI. Al film di Scott Cooper (autore ancora indecifrabile ma amante della convenzionalità, come dimostrano il crepuscolare Crazy Heart e il risibile Il fuoco della vendetta) non si può onestamente chiedere molto, se non di essere un solido gangster movie atto, quasi dichiaratamente, al rilancio della superstar Johnny Depp (che infine riesce a smarcarsi sia dalle secche del grottesco di The Lone Ranger/Mortdecai che da quelle altrettanto sterili della fantascienza impegnata di Transcendence). Tratto da The True Story of an Unholy Alliance Between the FBI and the Irish Mob, Black Mass si adagia su una narrazione lineare, ricca di scene madre ma che a loro modo “rassicurano” chi guarda: non ci sono reali colpi di teatro, tutto scorre placidamente e senza il benché minimo climax, con il solo fine ultimo di un resoconto omnicomprensivo e pulito. Potrebbe essere, forse, un problema legato alla struttura stessa dei biopic di impronta criminale, soggiogato alla necessità di non sfigurare coi campioni del genere (Quei bravi ragazzi, Gli intoccabili e mille altri modelli di alta caratura) e a caratteristiche dalle quali sembra offensivo distaccarsi: la fotografia livida e asciutta (qui del nipponico Masanobu Takayanagi), la rappresentazione di un anti-eroe deprecabile ma carismatico, la messinscena divulgativa per farci conoscere un pezzo di Storia sommersa e dimenticata. Connotati funzionali ma che spesso scendono a patti con altre maldestre dimenticanze: Black Mass ad esempio soffre di svariati buchi di sceneggiatura, sia per quanto riguarda il contenuto che per quanto concerne i personaggi, che entrano in scena e spariscono d’improvviso o che vengono dimenticati e ripescati quando – appunto – ormai se ne era persa sinceramente traccia e utilità. Al netto di pro e contro, siamo di fronte ad un prodotto medio e comunque sensato, ma destinato in breve a non lasciare ricordo di sé (se non per una possibile candidatura di Depp agli Oscar). Ed è un’occasione sprecata, vista la potenza dell’assunto di partenza: la denuncia della connivenza fra mafia irlandese e FBI, uno dei maggiori scandali documentati della storia dell’Intelligence americana.
Black Mass – L’ultimo gangster [Black Mass, USA 2015] REGIA Scott Cooper.
CAST Johnny Depp, Benedict Cumberbatch, Kevin Bacon, Corey Stoll, Juno Temple.
SCENEGGIATURA Jez Butterworth, Mark Mallouk. FOTOGRAFIA Masanobu Takayanagi. MUSICHE Junkie XL.
Drammatico/Biografico, durata 122 minuti.