SPECIALE WES CRAVEN
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Wes Craven è uno dei registi che con i suoi lavori ha fatto popolare di incubi l’infanzia del sottoscritto che, insieme agli amici minorenni come lui, noleggiava gli horror vietati ai minori di 14 anni nei primi anni ’90. Red Eye appartiene all’ultimo periodo di attività del nostro, meno incisiva e “rivoluzionaria”, ma comunque l’ennesima testimonianza del talento del regista di Nightmare.
Red Eye si discosta in parte dal concetto di paura e terrore caro a Craven, il nemico non è coadiuvato da elementi di fantasia o suggeriti dall’inconscio, la minaccia è reale. Lo splatter lascia lo spazio alla tensione e alla buona interpretazione di Murphy, capace di raggelare il sangue solo con lo sguardo. Ma cosa fa più paura negli ultimi anni se non che il nostro vicino, di casa o di posto, sia l’incarnazione del male, qualunque esso sia? La risposta è ancora oggi tristemente la stessa: non ci si può fidare più di nessuno, soprattutto del prossimo, sempre pronto a cospirare contro di noi. Un piglio rivolto all’attualità, alla politica, come del resto lo è quasi sempre l’horror, congegnato nei minimi dettagli. Red Eye è supportato da un’ottima sceneggiatura, talvolta prevedibile e poco originale, ma che sa tenere alta la tensione con un ingranaggio pronto ad esplodere da un momento all’altro. Craven maneggia con cura ed esperienza il plot, come una sinfonia classica che parte lieve per poi sfogarsi nel finale: inizia “in sordina” ingannando lo spettatore per poi farlo immedesimare nell’incubo della protagonista. Un incubo quotidiano che, nonostante il finale poco autentico, fa riflettere sulla futilità umana. Un gioco al massacro sulle paure, quindi, fomentate dalla asfissia claustrofobica di un aereo, il mezzo di locomozione più temuto perché “imprevedibile”. Una imprevedibilità che caratterizza i nostri tempi, dove è doveroso vivere alla giornata, concetti che sembrano genericamente lontani da un film thriller. Craven dimostra di saper attualizzare il suo stile pur mantenendo dei marchi di fabbrica, su tutto la proverbiale ironia che spesso accompagna i malcapitati carnefici delle sue opere. Qui il “povero” Murphy viene deturpato e annientato attraverso una continua rincorsa che nasconde, forse inconsapevolmente, un omaggio alle comiche in cui il malcapitato di turno ne passa di tutti colori. Non lo dico perché obbligato dallo speciale dedicato dalla rivista, ma questo cinema di Craven ci mancherà perché sapeva raccontarci facendoci tenere ben aperti gli occhi, non solo per evitare di avere tormenti notturni ma anche per concepire la realtà.
Red Eye [id., USA 2005] REGIA Wes Craven.
CAST Rachel McAdams, Cillian Murphy, Brian Cox.
SCENEGGIATURA Carl Ellsworth. FOTOGRAFIA Robert D. Yeoman. MUSICHE Marco Beltrami.
Thriller, durata 85 minuti.