“Più cerchi di negarlo, più io divento forte”
Ci sono cose che i bambini non dovrebbero sapere. Tipo che il padre è morto per portare la mamma a partorirli. Samuel lo sa fin troppo bene e la questione gli crea qualche problema nel vivere un’infanzia reputata normale. Ma se il figlio è ossessionato da un mostro che sente incombere sulla sua famiglia, anche la mamma non sta molto meglio.
Prima di un film horror, Babadook è un film sulla solitudine di una mamma e di un bambino alle prese con il lutto. Una riflessione, a tratti amaramente caustica, sulle emozioni pubblicamente inaccettabili, come il dolore protratto della perdita o il rifiuto della maternità. La società non ha bisogno di chi soffre, di chi porta il lutto nel cuore per anni o di chi esterna il suo disagio con segnali allarmanti di instabilità emotiva. Per questo ci sono gli psicologi, gli assistenti sociali, le medicine che fanno dormire. Tutto un impianto che relega il “problema” nei confini sicuri del socialmente innocuo. “Samuel ha solo bisogno di essere compreso” protesta la mamma davanti al preside. Ma è lei la prima a schermirsi col silenzio, a rifiutare persino di nominare il marito, a negarsi di guardare in faccia il suo rigetto verso il bambino. La casa diventa allora luogo disforico e angoscioso, impregnato della sofferenza di chi la occulta tra le sue pareti. I toni grigi e freddi dell’ambiente domestico si fanno specchio di un’esistenza tetra, ormai svuotata del suo significato, mentre la luce e le tonalità pastello colorano solo il mondo esterno. Con un equilibrio che vacilla soltanto nella parte finale, Jennifer Kent dissemina il film di dettagli funesti, tra i quali non manca l’omaggio a tutti i topoi del genere horror: dalle ramificazioni scheletriche degli alberi alle lampadine a intermittenza, dall’invasione di scarafaggi alle ante che si aprono da sole, fino alla cantina come luogo per nascondere il rimosso. Ma, inseriti nel contesto realistico di una realtà che è già un incubo da sola, tutti gli elementi funzionano semmai da contrappunto ironico all’accumulo di un’inquietudine ben più sottile ed insidiosa. La regia la costruisce abilmente a partire dagli strumenti più semplici, come i disegni spaventosi sulle pagine di un libro pop-up o il riverbero delle suggestioni che provengono dalla tv. Fiabe nere e lupi cattivi, cinema muto e cartoni animati, Howard Thurstone e perfino Méliès ammiccano tra le fessure di un impianto tutto sommato solido, per raccontare – neanche troppo metaforicamente – l’orrore più grande che può affliggere un bambino: la parte della madre che lo vorrebbe morto.
Babadook [The Babadook, Australia/Canada 2014] REGIA Jennifer Kent.
CAST Essie Davis, Noah Wiseman, Daniel Henshall, Hayley McElhinney, Barbara West.
SCENEGGIATURA Jennifer Kent. FOTOGRAFIA Radek Ladczuk. MUSICHE Simon Njoo.
Horror/Drammatico, durata 93 minuti.