11° Biografilm Festival – International Celebration of Lives, 5 – 15 giugno 2015, Bologna
Viaggi (non proprio) interiori
Vent’anni fa, Garnet Frost intraprese un viaggio solitario tra le montagne scozzesi. Ben presto smarrì il sentiero e precipitò in una gola. Fu salvato da un pescatore locale e tornò a casa sano e salvo, tenendo in mano un singolare bastone. Garnet lo aveva raccolto in un luogo sconosciuto, vicino a un lago.
Il bastone potrebbe segnare il luogo dov’è sotterrato il leggendario tesoro di Carlo Edoardo Stuart. Garnet è rimasto talmente ossessionato da questa possibilità che ha deciso, all’età di quasi sessant’anni, di partire per una nuova spedizione e rintracciare la gola dove aveva trovato l’oggetto molti anni prima. Ci sono documentari che non raccontano il passato ma seguono un’avventura (in questo caso è una caccia al tesoro) filmandola nel suo avvenire. Il documentarista dimostra un certo coraggio perché non può sapere fin dall’inizio come si evolverà la storia, quindi deve avere un buon intuito nello scegliere i soggetti da seguire. Garnet è un uomo buono e simpatico, che si prende cura della madre e si diverte facendo il prestigiatore. È un personaggio che piace e dovrà vivere per la seconda volta l’esperienza quasi mortale che ha vissuto molto tempo prima, solo che stavolta ha vent’anni in più sulle spalle. Insomma, al filmmaker non interessa se Garnet troverà o meno il tesoro perché la sua storia è già un’avventura fisica ed esistenziale e sarà certamente un successo di pubblico. Garnet’s Gold è, infatti, prodotto da Simon Chinn (Man on Wire, Sugar Man), un veterano i cui documentari ruotano spesso attorno a un underdog ossessivo ma amabile. Non c’è da meravigliarsi, quindi, che Garnet sia il punto cardine del film e l’oro nascosto sia solamente uno specchietto per le allodole. I suoi compagni di avventura spariscono presto, inghiottiti nel fuoricampo, e il suo viaggio diviene un’avventura solitaria anche se sappiamo che le cose non stanno così. Ci sono date pochissime informazioni sul tesoro e sulle reali possibilità di trovarlo, mentre almeno metà del film è spesa per descriverci la vita londinese di Garnet, le sue numerose passioni e il rapporto, buono ma sfiancante, con l’anziana madre. Le sequenze in stile “confessionale” ci rivelano le ansie nascoste di Garnet e sono necessarie per dare una dimensione in più a un uomo che sembra sorridere sempre. Garnet’s Gold è meno drammatico (e meno furbo) rispetto a Sugar Man, ma lo ricorda per molti aspetti. Entrambi i film catturano la nostra attenzione proponendoci un mistero e una caccia (all’uomo e al tesoro) ed entrambi ci vendono un personaggio, umile e perdente, proprio come piace a noi.
Garnet’s Gold [id., Gran Bretagna 2014] REGIA Ed Perkins.
CAST Garnet Frost.
SCENEGGIATURA Ed Perkins. MONTAGGIO Paul Carlin. MUSICHE Geoffrey Burgeon.
Documentario, durata 75 minuti.