Festival del Cinema di Cannes, 13 – 24 maggio 2015, Cannes (Francia)
Stereotipi e pregiudizi
Durante un festival country in Belgio, una sedicenne sparisce facendo completamente perdere le sue tracce. Poco dopo la famiglia riceve una lettera dalla ragazza che annuncia loro di aver finalmente abbracciato la vita che voleva. Non resta dunque altro da fare che mettersi alla ricerca della giovane, ormai convertita all’Islam e partita per terre lontane.
Les cowboys ruota intorno alla progressiva distruzione che la sparizione della giovane provoca sia sull’unità familiare che sui suoi singoli membri. Avvalendosi di numerose ed interessanti ellissi temporali le cui coordinate vengono ricavate dalla cronaca reale, il film evita con successo di apparire pedante o didascalico da questo punto di vista. La ricerca della ragazza assume sempre di più i tratti di una caccia all’uomo in cui la retorica dello scontro tra Occidente e Islam fa sentire forte il suo peso. Così i personaggi si muovono in varie parti del mondo, promuovendo in una certa misura le ovvietà della guerra al terrorismo e scadendo in alcuni stereotipi che sarebbe stato meglio evitare. I personaggi restano spesso bidimensionali, attaccati al loro ruolo diegetico e poco approfonditi (nonostante le apparenze), più impegnati a far progredire il racconto in una certa direzione che a mostrare il proprio coinvolgimento interiore. Si prenda ad esempio tutta quella parte del film ambientata tra l’India e il Pakistan, in cui stereotipi e credenze popolari si alternano alla presenza dalle dubbie motivazioni di John C. Reilly. La poetica viene quasi totalmente schiacciata dalla retorica, non lasciando traspirare emozioni reali.
Solo nel personaggio di Kid, fratello della ragazza scomparsa, gli avvenimenti provocano movimenti interiori che riescono a scavalcare lo schermo cinematografico e, affidando a lui la parte finale del film, la messa in scena riesce a salvarsi in calcio d’angolo. Si tende, in altre parole, ad estremizzare l’opposizione tra le due fazioni culturali, coinvolgendo anche il popolo che tra di loro si situa (gli europei), portando così ad una dissacrazione delle convinzioni battagliere di entrambe le parti in gioco, ma anche ad un approfondimento a dir poco insufficiente delle implicazioni socio-culturali. Molte frasi (e molti personaggi) restano quindi sospese nell’aria, trascinate dalle ellissi temporali che talvolta indugiano su momenti non troppo fluidi nello scorrimento complessivo del lungometraggio. Il risultato finale è un film dalle grandi potenzialità che non si avvale di quell’afflato europeo che potrebbe dargli la giusta attenzione e delicatezza e che scade quindi in retoriche che cavalcano convinzioni e preconcetti da titoli giornalistici.
Les cowboys [id., Francia/India 2015] REGIA Thomas Bidegain.
CAST François Damiens, Finnegan Oldfield, John C. Reilly, Antonia Campbell-Hughes.
SCENEGGIATURA Noé Debré. FOTOGRAFIA Arnaud Potier.
Drammatico, durata 114 minuti.