Innamorarsi di una sconosciuta
In un passato fantastico si alternano tre storie con protagonisti altrettanti sovrani e regine. Nella prima, una regina viene convinta a mangiare il cuore di un drago marino per restare incinta, nella seconda un re alleva una pulce fino a farla diventare gigantesca e dà in sposa la figlia ad un orco, unico in grado di superare una prova di astuzia, nella terza un giovane sovrano si invaghisce della voce di una vecchia che, grazie ad un incantesimo, tornerà giovane.
Tratto da Lo cunto de li cunti ovvero lo trattenemiento de peccerille (anche conosciuto come Pentamerone) di Giambattista Basile, pubblicato postumo fra il 1634 e il 1636, l’ultimo film di Matteo Garrone si presenta come un’alternativa validissima al fantasy di matrice americana, candidandosi come la via europea del genere, molto meno ipertrofica, iperattiva e brand oriented. Ne Il racconto dei racconti il fantastico non ha bisogno di essere giustificato: esiste, pervade il mondo, anzi, ne è fondamento; descrive se stesso semplicemente attraverso colori espressivi; inventa, non riscrive, dà quel tanto che basta agli spettatori per sospendere il giudizio critico ma poi si fa gentilmente da parte quando al centro della storia tornano i sentimenti, gli inganni, il potere. Davvero strano leggere di critici italiani che hanno riconosciuto al film una grande potenza visiva e pittorica ma, d’altra parte, anche una grande incapacità nel tenere assieme le storie: “un Pollicino che non semina abbastanza sassolini da poterne fare una guida per portarci da qualche parte”, queste le parole di Goffredo Fofi su Internazionale. Strano perché, rifiutando la forma “a capitoli” utilizzata invece dai Taviani in Maraviglioso Boccaccio, Garrone sceglie un tipo di narrazione e di divisione dello spazio più prossima ai prodotti seriali contemporanei (su tutti Game of Thrones) basati sulla chiarezza e la linearità del racconto: ed infatti, ognuna delle tre storie ha senso, dignità e ritmo sia estratta dal montaggio sia all’interno dell’opera. Anzi, proprio perché Garrone vuole dipingere i tratti di un mondo e non riprodurre con strumenti cinematografici una serie di racconti, mettendoli in fila, nel momento in cui i fili narrativi si ritrovano uno si stacca nuovamente, proseguendo nel suo destino fuori dal nostro sguardo, come fosse cinema e niente più. Senza compiacersi della violenza e del sesso, elementi imprescindibili per gran parte dei fantasy d’oltreoceano, Garrone guida la mano dello spettatore verso un incontro ravvicinato col fantastico, dal quale è possibile, ma assolutamente non necessario, estrarre i soliti collegamenti con le contingenze socio-politiche del nostro tempo: dalla violenza come merce di scambio alla contrapposizione realtà/apparenza, verità/bugia. Per questo, probabilmente, in molti hanno storto il naso, non trovando elementi di appiglio, ancore di salvezza con su scritto “è proprio come lo immaginavi”: in questo film non si immagina niente e si immagina tutto e come il re di Strongcliff ci innamoriamo di un’affascinante sconosciuta.
Il racconto dei racconti [Tale of Tales, Italia/Gran Bretagna/Francia 2015] REGIA Matteo Garrone.
CAST Salma Hayek, Vincent Cassel, Toby Jones, John C. Reilly, Alba Rohrwacher, Massimo Ceccherini.
SCENEGGIATURA Matteo Garrone, Edoardo Albinati, Ugo Chiti, Massimo Gaudioso. FOTOGRAFIA Peter Suschitzky. MUSICHE Alexandre Desplat.
Fantastico, durata 125 minuti.
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