SPECIALE JOSS WHEDON
Due vite a metà
Per raccontare una storia che riesca a differenziarsi basta anche solo osservarla in modo strutturale o geometrico. Prendiamo come esempio un racconto tra due persone che s’innamorano: la storia è una sola nonostante i protagonisti siano due, perché il fine sarà il medesimo.
Ci saranno sottotrame che separano gli accadimenti differenziandoli l’uno dall’altra, ognuno indipendentemente proseguirà un viaggio differente con i propri aiutanti e, forse, con diversi oppositori, ma il fine sarà sempre lo stesso, quello di raccontare un’unica storia. Da questo assunto possiamo ricavare la sostanziale complementarietà di vicende personali sovrapponibili, ma lo switch che Joss Whedon (in veste di sceneggiatore) attua in In Your Eyes non è tanto quell’elemento magico che mette in relazione due persone lontane attraverso la condivisione visiva, sensitiva ed emotiva tra i due (entrambi vivono in prima persona le esperienze dell’altro come fossero una testa sola in due realtà), ma il fatto di rappresentare due storie speculari ma distinte. Dylan è single, un ex galeotto e sta in una roulotte; Rebecca è sposata, borghese e vive in una casa lussuosa. Dylan è immerso dalla luce giallognola del sole che brucia costantemente il deserto del New Mexico, mentre Rebecca è circondata dall’azzurrino della neve che ricopre i marciapiedi del New Hampshire. Due contesti opposti per due giovani simili, perché Dylan e Rebecca sono allo stesso modo inadeguati alla realtà in cui vivono, l’uno troppo sveglio per il giro di losche compagnie in cui è finito, l’altra troppo fragile per l’ambiente alto borghese di ostentate sicurezze che il marito le richiede. Ma in fondo non è questo a rendere In Your Eyes diverso da tanti altri, ma intenzionalmente ciò che dovrebbe farlo è il taglio netto tra due storie che crescono e crollano in diretta, costituite da una confusione simbiotica di realtà sovrapposte. In Your Eyes è un caso similare al dittico The Disappearance of Eleonor Rigby (Him e Her) e, in senso meno assoluto, alla serie The Affair, seppur privo della natura episodica degli altri due esempi. Una tendenza sempre più insistente nel cinema contemporaneo che intende ridisegnare il contenuto tramite la forma narrativa, e nella quale è difficile capire quanto in tutto ciò sia una storia a raccontare le esistenze di due personaggi – come si diceva all’inizio – o due storie che ne raccontano una sola. In fondo la divisione strutturale di parti speculari della sceneggiatura di Joss Whedon è solo un’illusione, nel quale la regia di Brian Hill amalgama i toni e colori della più comune commedia sentimentale agrodolce indie. Invece di avere una storia A e una B abbiamo una storia AB e una BA, da leggersi come incrocio magico di affinità elettive chiasmiche. Del resto In Your Eyes è riassumibile in un’unica sequenza, quella in cui i due riescono a vedersi per la prima volta vicendevolmente guardandosi allo specchio, una situazione straordinaria normalizzata da un illusorio campo-controcampo. Io guardo me stesso per vedere te: due punti di vista narrativi, ma paradossalmente convergenti, per raccontare un’unica storia. Ma in fondo anche questa illusione fa parte dell’arte ingannatoria del narrare.
In Your Eyes [id., USA 2014] REGIA Brian Hill.
CAST Zoe Kazan, Michael Stahl-David, Mark Fuerstein, David Gallagher.
SCENEGGIATURA Joss Whedon. FOTOGRAFIA Elisha Christian. MUSICHE Tony Morales.
Sentimentale, durata 104 minuti.